sabato, 20 Aprile 2024

Papa Francesco: “Essere catechisti è una vocazione”. L’11 Maggio l’istituzione del Ministero

Come gli altri servizi ufficiali della Chiesa - si pensi al presbiterato o al diaconato - anche chi è chiamato a guidare bambini non solo ai sacramenti ma a tutto quel che questi sottintendono, svolgerà un compito 'ufficiale'.

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Sono cristiano” sembra quasi un modo di dire. Ma perché sono cristiano? Perché quando non avevo coscienza di chi fossi e ancora ciucciavo il latte dal seno di mia madre sono stata battezzata? Ah no. Perché ho fatto la comunione per prendere l’ostia “come i grandi”. No. La risposta esatta è: perché ho fatto la cresima e quindi ho finito di andare al catechismo una volta alla settimana. Tutto questo sembra un insulto alla fede ma questa è la concezione di tanti, troppi bambini che non si spiegano perché devono dedicare alla catechesi quell’ora a settimana che dovrebbe essere solo un input per spingerci verso la conoscenza, le nostre origini.

Ed invece ci basta conoscere la storia di Adamo ed Eva e sappiamo che: l’uomo non è che l’essere originale e primario e la donna, l’essere plasmato dalla costola dell’uomo che le ha donato la vita. Eva che porta Adamo sulla cattiva strada, facendogli mangiare la mela che avrebbe portato al peccato e alla morte ed un serpente parlante che le avrebbe consigliato di errare, mangiando quel frutto. Devo dire che purtroppo è questa la sola storiella che ci tramandiamo, senza né andare a fondo, né oltre. Eppure è la trascendenza che ci salva ed invece rimaniamo impiantati in terre apparentemente fertili che ci rendono non solo ignoranti della stessa fede che crediamo di professare una tantum con celebrazioni tradizionali, ma ci rendono doppiamente incoscienti. Siamo incoscienti.

Papa Francesco ha dovuto percepire questa poca vicinanza al mondo ultraterreno ed è così che ha deciso di istituire il ‘ministero’ del catechista. Ciò significa che così come gli altri servizi ufficiali della Chiesa – si pensi al presbiterato o al diaconato – anche chi è chiamato a guidare bambini non solo ai sacramenti ma a tutto quel che questi sottintendono, svolgerà un compito ‘ufficiale’. La Sala Stampa vaticana ha comunicato che martedì 11 maggio verrà presentato ai media il testo delMotu proprio Antiquum ministerium‘. Già nel 2018 il Papa aveva parlato della necessità di conferire a questo servizio una dimensione istituzionale nella Chiesa. La sua intenzione è stata resa nota da un videomessaggio ai partecipanti di un convegno internazionale sull’argomento, nell’ambito del quale papa Francesco aveva affermato che “il catechista è una vocazione. Essere catechista: questa è la vocazione, non lavorare da catechista

Il papa ha continuato chiarendo che si tratta di una “forma di servizio svolta nella comunità cristiana che richiede di essere riconosciuta come un vero e genuino Ministero della Chiesa”. In nome di ciò, quella che era una necessità ha preso la forma del Motu proprio Antiquum ministerium che martedì prossimo alle 11.30 verrà presentato in Sala Stampa vaticana alla presenza dell’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, e di monsignor Franz-Peter Tebartz-van Elst, delegato per la Catechesi del dicastero. Finalmente, direi.

Il Motu proprio dunque istituirà formalmente il ministero di catechista, sviluppando quella dimensione evangelizzatrice dei laici auspicata dal Vaticano. Un ruolo cui, aveva detto Francesco nel videomessaggio “spetta la responsabilità di ‘un primo annuncio’. In un contesto di indifferenza religiosa  la vostra parola sempre sarà un primo annuncio che arriva a toccare il cuore e la mente di tante persone che sono di attesa di incontrare Cristo”.

Un impegno importante è il nostro e non ne abbiamo consapevolezza. Crediamo di essere esperti, di poterci far valere, di avere argomentazioni importanti da sostenere ma non sappiamo niente; conosciamo quello che vediamo e non ci curiamo di scoprire da dove realmente veniamo, che superstiti siamo. L’arca ci ha salvati per rispondere ai ‘perché’ dei nostri figli ed invece crediamo che le loro, siano domande quasi stupide, quasi incoscienti mentre gli unici ad esserlo siamo noi; e quei futuri adulti che oggi pongono domande, potrebbero correre il rischio di divenire esattamente come noi.

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