sabato, 27 Aprile 2024

“Riconciliazione, ma prima Giustizia e Memoria” così si combattono Terrorismo ed estremismi oggi

Il 17 maggio ’72 l’omicidio Calabresi, 49 anni dopo il discorso commemorativo di Fico alla Camera.

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Il discorso di commemorazione dell’omicidio Calabresi, da parte del Presidente della Camera Roberto Fico non lascia spazio a fraintendimenti politici di sorta.

A 49 anni dall’uccisione del commissario di Polizia Luigi Calabresi – ammazzato sotto casa sua a Milano, in via Francesco Cherubini angolo via Mario Pagano, mentre stava per salire in macchina e recarsi a lavoro – viene ribadita la necessità di applicare la Giustizia ante omnia per una lotta viva ed efficacie al terrorismo: “Non può esserci una piena Riconciliazione senza Giustizia. E la giustizia deve essere sempre accompagnata dalla Memoria, intesa soprattutto come capacità di trasmettere a chi non ha vissuto i terribili anni di piombo il senso di alienazione umana cui possono condurre gli estremismi fondati sulla violenza e sull’annientamento dell’altro”.

Risulta fondamentale, quindi, ribadire che le basi per cementificare la Democrazia italiana, nata proprio dalla Resistenza, non possono trovare legittimazione se non nella difesa della legalità, anche a costo della vita, come fu per il noto commissario. Afferma ancora Fico: “Il suo omicidio, il 17 maggio 1972, rispose al chiaro intento di far vacillare le fondamenta della nostra democrazia, di creare un corto circuito nella convivenza civile, di innescare dinamiche di odio e di delirante contrapposizione sociale. Quell’evento fa parte di una stagione di lutti che ha segnato profondamente il nostro Paese lasciando molte ferite ancora non rimarginate”.

Ferite profonde non ancora cicatrizzate, e che, anche se latenti, possono sempre riaffiorare in superficie trasformandosi in micce contagiose e pericolose. Ecco perché la Memoria, sottolinea il Presidente della Camera, deve necessariamente accostarsi all’applicazione della Giustizia, anche “nei confronti di chi si è sottratto alla pena fuggendo all’estero”, validando “le sentenze emesse a conclusione di processi per gravi crimini legati al terrorismo, in coerenza con le regole e i principi del nostro ordinamento”.

Il ricordo di uomini profondamente dediti a questa missione, dunque, si configura come l’arma più potente affinché si rifletta “su quanto sia sempre importante riconoscersi in quel nucleo di valori di legalità, di coesione e solidarietà sociale che sono alla base della nostra Carta costituzionale e che devono sempre, e comunque, continuare a rappresentarci e a distinguerci”.

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