Il tema continua a dividere l'opinione pubblica, tra femministi convinti e maschilisti legati alla società patriarcale. Quella del Signor Presidente del Consiglio è una precisa scelta di campo, una presa di posizione che in apparenza sembra incoerente col suo cavallo di battaglia: "Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre". Non tutte sono però disposte a soprassedere.
Negare che la molestia di strada e il femminicidio siano parte della stessa famiglia è come affermare l'esistenza degli unicorni. Le donne non vogliono mimose, mezzi pubblici e ingressi gratuiti nei musei statali per 24 ore. Quello che esigono è il rispetto.
Le parole sono importanti. Narrare una molestia, uno stupro o un femminicidio comporta un'enorme responsabilità, specialmente per chi fa giornalismo. Bisogna dunque ripartire da zero.
Inorridiamo davanti alla storia di Saman e puntiamo il dito contro l'Islam, come se l'odio verso le donne non fosse una questione culturale e trasversale. Il primo e unico movente del femminicidio è l'ossessione del controllo.