Dopo che nella giornata di ieri erano state avviate le operazioni di evacuazione da Niamey, capitale nigerina, alle 05.09 di mercoledì 2 agosto l’aereo di rimpatrio italiano– un Boeing 767 dell’Aeronautica Militare- è atterrato all’aeroporto di Ciampino Militare, a Roma. A bordo del velivolo si trovavano in totale 87 persone, tra cui non solo connazionali, ma anche 21 cittadini USA e alcuni non europei, tra cui un australiano. A riportarlo è il Ministro degli Esteri Antonio Tajani, presente ad accogliere i passeggeri sulla pista di atterraggio: ad ognuno di loro ha stretto la mano, assicurandosi che tutte le operazioni si fossero svolte in modo ordinato e sicuro. Alcuni dei connazionali hanno avuto modo di dialogare con il Ministro all’interno della sala di rappresentanza del 31esimo Stormo, testimoniando la loro esperienza in Niger, nonché le difficoltà negli spostamenti interni per arrivare fino a Niamey. “E’ andato tutto bene. Abbiamo sentito e ricevuto il sostegno del Governo e degli italiani, che ringraziamo. Il Niger è assolutamente un contesto fragile, ma lo sapevamo- racconta un’operatrice umanitaria atterrata questa notte- In questa fase delicata ci siamo fidati di chi ha più esperienza, per agevolare il rientro in Italia”. A dare il proprio benvenuto ai cittadini rimpatriati, attraverso un messaggio Twitter, è anche il Ministro della Difesa Guido Crosetto: “Operazione conclusa. Benvenuti a casa!”.
Anche a Parigi, all’aeroporto Charles de Gaulle, durante la notte è atterrato il primo volo francese per il rimpatrio, riportando in territorio europeo 262 cittadini. A comunicarlo è stata la Ministra degli Esteri francese Catherine Colonna, specificando che sull’Airbus A330 si trovavano anche una dozzina di bambini. Secondo le autorità francesi sarebbero circa 600, su un totale di 1200 iscritti alle liste consolari in Niger, i connazionali che desidererebbero ritornare in patria. Finora sono stati programmati quattro aerei per il rimpatrio e si auspica che le operazioni terminino entro oggi a mezzogiorno. Nel frattempo sia l’ambasciata francese sia quella italiana a Niamey restano aperte e funzionanti, assicurando la presenza del personale diplomatico tanto per offrire assistenza agli altri connazionali rimasti nel Paese, quanto per collaborare al delicato dialogo politico interno.
“La vita sociale ed economica” a Niamey è tornata ad una ”relativa normalità, ma è difficile capire che cosa accadrà, perché c’è stato un colpo di reni della Francia e degli Stati Uniti, che si sono messi di traverso rispetto alle intenzioni dei golpisti”. Queste le parole di Marco Lombardo, veronese da lungo tempo impegnato in Niger con il Progettomondo, finalizzato a contrastare i cambiamenti climatici e i conflitti socioculturali. In quanto cooperante, egli riferisce che già da un anno e mezzo si temeva il Colpo di Stato, tanto che aveva espressamente ricevuto indicazioni di tenere sempre in casa scorte adeguate di acqua e gasolio. Si tratta di ”un golpe strano, un golpe che procede molto lento, e ogni giorno succede qualcosa- prosegue Lombardo- Il Niger è più stabile rispetto a Paesi vicini, ma non immune dalle scosse regionali”.
Al momento non è stato registrato nel Paese nessun intervento militare. Gli Stati Uniti si dichiarano convinti che esista ancora “una finestra per la diplomazia in Niger“, così come ha dichiarato il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, John Kirby. Quest’ultimo ha altresì dichiarato che per ora non vi sono evidenze di un coinvolgimento della Russia nel golpe che ha avuto atto la scorsa settimana. Più nette sono state le parole dell’Alto Rappresentante dell’UE Joseph Borrell, che in un estratto dell’articolo pubblicato sul suo blog ha scritto che “da diversi anni la Russia di Vladimir Putin alimenta questi Colpi di Stato con la sua falsa propaganda e approfitta dell’instaurazione di questi regimi militari con le sue milizie private che depredano le ricchezze della regione”. Quel che per ora sembra certo è che a Bruxelles non si propende per un animo interventista: l’Unione Europea sta attendendo di vedere come agirà l’Ecowas– che domenica scorsa aveva lanciato un ultimatum di sette giorni per la reinstaurazione del Presidente eletto Bazoum. In generale sembra condivisa anche l’opinione per cui il colpevole delle rivolte non sia da individuarsi nel governo di Mosca. I prossimi giorni saranno decisivi per comprendere eventuali azioni- e reazioni- da mettere in campo per salvaguardare la democrazia.