martedì, 23 Aprile 2024

Cucire per il futuro delle donne, il mare di coperte di “Viva Vittoria”

Attraverso progetti di co-creazione che coinvolgono reti di associazioni e volontariato, Viva Vittoria lavora per condividere con il maggior numero possibile di donne l’idea che la violenza si può fermare cominciando da loro stesse, dalla consapevolezza che sono loro a decidere della loro vita. Partendo da una coperta fatta a mano.

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Opera relazionale condivisa”. Queste tre parole che compaiono sotto il logo di Viva Vittoria lasciano inizialmente col dubbio. Ci si chiede che cosa sia questa opera, quanto il carattere delle relazioni abbia determinato la sua nascita e come possa essere condivisa. Tutti dubbi che scompaiono subito non appena si ha fisicamente davanti il mare colorato di coperte fatte a mano che copre la piazza. Eccola l’opera relazionale condivisa. L’effetto visivo è incredibile. La sorpresa porta a pronunciare un “Wow” con una innocenza che solo l’infanzia conosce. Dalle spiagge di questo mare si affacciano decine e decine di persone che ammirano lo specchio di coperte fermo e immobile che si staglia davanti, mentre tante volontarie, coi calzari ai piedi, si spostano camminando sulle acque, sistemando le tante gocce di tessuto che compongono quella distesa.

La piazza che toglie il fiato e fa capire cosa sia una “opera relazionale condivisa” è Piazza Grande a Modena. É quella l’ultima in ordine di tempo ad aver ospitato, domenica 12 marzo, l’installazione composta da 3.903 coperte. Il lavoro di preparazione durato mesi è nato dalla collaborazione tra Viva Vittoria Modena e il gruppo Fili di vita, composto da donne modenesi. Senza dimenticare il contributo indispensabile di volontarie e volontari e di una rete di associazioni cittadine. L’obiettivo specifico era raccogliere fondi per la Casa delle Donne di Modena, attraverso la vendita a offerta libera delle coperte realizzate. Dalle 6 di domenica mattina circa 250 persone hanno dato vita a una catena umana passandosi di mano in mano tutte le 3.903 coperte. Altre volontarie e volontari presenti in piazza le hanno pian piano ricevute e stese su teli di plastica protettivi sistemati sulla superficie da allestire.

L’idea dietro al progetto

Viva Vittoria nasce nel marzo 2015 da una idea di Cristina Begni. Condividendo una foto sui social, cattura l’interesse di Patrizia Fratus, Silvia Lumini, Simona Romele e Cristina Facchinetti, che, unite dal desiderio di fare qualcosa per fermare la violenza sulle donne, decidono di intraprendere un progetto condiviso. L’intento è condividere con il maggior numero possibile di donne l’idea che la violenza si può fermare cominciando da loro stesse, dalla consapevolezza che sono loro a decidere della loro vita.

Alla base dei progetti di Viva Vittoria c’è la co-creazione. Ogni coperta, un quadrato di 1 metro per 1 metro composta da 4 quadrati più piccoli di 50×50 cm, è il risultato dell’opera di 7 persone. Il processo di creazione parte, infatti, dal lavoro a ferri o uncinetto di 4 volontarie o volontari che realizzano i piccoli quadrati e li donano all’organizzazione. Una quinta persona si occupa di assemblare 4 tra i quadrati ricevuti. Una sesta li cuce insieme, usando un filo rosso, espressione di relazione e unione, fino a formare coperte da 100×100 cm.

I quadrati NO alla violenza sulle donne – Fonte sito ufficiale Viva Vittoria

L’ultima persona in questa rete si occupa della cucitura dell’etichetta identificativa in tessuto personalizzato. Su di essa si riporta il marchio di Viva Vittoria e il numero identificativo progressivo. A queste si aggiungono le etichette con i nomi di chi ha creato i quadrati e di chi ha lavorato nelle fasi successive per renderli un tutt’uno. Si vogliono ricordare quindi tutte le mani che hanno preso parte alla creazione della coperta finale. E finalmente le coperte sono pronte per essere stese a rivestire le piazze. Con un chiaro obiettivo che attraversa tutte le fasi della loro realizzazione: dire NO alla violenza sulle donne.

Etichetta con numero identificativo progressivo

Viva Vittoria ha realizzato il progetto pilota a Brescia, nel novembre 2015. In quella occasione piazza Vittoria ha ospitato l’installazione delle coperte ottenute da oltre 20.000 quadrati di maglia, dopo aver coinvolto circa 150 persone ogni giorno per oltre 3 mesi nel punto di raccolta principale di Brescia. La vendita delle coperte ha avuto luogo da domenica 22 novembre, grazie all’aiuto di molte volontarie. Con un prezzo di vendita di 25 euro per ogni coperta, il ricavato complessivo pari a 77.000 euro è stato devoluto a “La Dimora”, una casa di accoglienza per mamme e bambini. L’intento era permettere alle ospiti di intraprendere un percorso di autosufficienza nel lavoro, nella casa e nei propri bisogni.

Dopo il progetto bresciano, sono state più di 27 le città e rispettive piazze che hanno ospitato il mare colorato delle coperte di Viva Vittoria: da Sassari a Roma, arrivando a Reggio Emilia, Bologna, Cremona, Bergamo e fino in vetta, sulle Tre Cime di Lavaredo. Nel 2017 viene formalizzata l’associazione e ora, delle cinque fondatrici originarie, solo Cristina Begni e Silvia Lumini sono ancora nel direttivo. Ed è proprio con Silvia Lumini che abbiamo parlato per farci raccontare di più dei progetti Viva Vittoria.

Da dove arriva il nome Viva Vittoria?

“La scelta del nome viene da una serie di considerazioni. Innanzitutto, Vittoria. Piazza Vittoria è stata la prima piazza a Brescia che ci ha ospitato il 22-23-24-25 novembre 2015. Vittoria è poi anche un nome di donna, nonché una parola che indica una vittoria rispetto a una sconfitta. Stessa cosa vale per Viva: “viva” si contrappone alle morti. Ma è anche un “viva, evviva”, quindi un’incitazione.”

Oltre al nome portatore di valori, anche il quadrato 50×50 che è alla base della creazione delle coperte ha un forte significato.

“Esatto. Ogni quadrato 50×50 è il No contro la violenza sulle donne del volontario o della volontaria che lo crea. È la presa di coscienza, è un segno di protesta che però avviene in modo creativo e proattivo. La firma personale cucita sul quadrato rafforza poi ancora di più il No. Ma non solo. Le etichette e il filo rosso per cucire insieme i quattro quadrati lo doniamo noi come associazione, in modo che tutte le città abbiano lo stesso filo rosso e le etichette personalizzate e numerate. C’è quindi un lavoro di coordinazione e coordinamento con tutte le Viva Vittoria già fatte e anche per quelle future”.

Voi come Viva Vittoria non vi fermate solamente alla sola presa di coscienza individuale e collettiva. Con la vendita delle coperte riuscite ad aiutare concretamente le donne vittima di violenza.

L’obiettivo di Viva Vittoria è raccogliere fondi e donarli ai centri antiviolenza e alle case protette della città in cui l’opera viene prodotta e condivisa. In particolare, chiediamo che sia sempre elaborato un progetto per aiutare le donne che sono ospiti nella casa protetta. Non vogliamo che si utilizzino i soldi raccolti dalla vendita delle coperte per pagare le bollette del centro o la spesa: lì ci deve pensare qualcun altro. Noi vogliamo dare una dote alle donne quando escono dal centro antiviolenza per rifarsi una vita”.

Ci può spiegare come nascono e vengono portati avanti i progetti nelle diverse città?

Come si può ben immaginare, i progetti hanno tempi di gestazione molto lunghi, che arrivano all’incirca a 1 anno o 1 anno e mezzo. Un progetto parte da 1 o 2 donne che chiamano per informarsi e con le quali ci si confronta in una call per fornire tutti i dettagli. Ogni Viva Vittoria ha infatti delle linee guida che sono comuni, ma assume una propria identità e personalità man mano che si sviluppa. Sono le stesse organizzatrici sul posto a informarsi poi dalle amministrazioni comunali locali per la parte organizzativa di permessi e pratiche, fino ad arrivare alla conferenza stampa di lancio della città e della provincia. Non a caso parliamo infatti di “città” e “provincia”, perché l’intera comunità viene coinvolta, insieme alle associazioni sul territorio, a presentazioni nelle scuole e Rsa e alla necessaria divulgazione.

Si inizia poi a cercare uno spazio in centro alla città, vicino a dove sarà l’installazione della piazza. Di solito si trova un negozio sfitto, che poi, regolarmente, una volta finito tutto, viene chiesto di nuovo e si riaffitta, perché ha ripreso vita. Il progetto ha quindi anche la capacità di ridare vita a negozi che sono ormai desueti e abbandonati. Questo quartier generale inizia a colorarsi, iniziano ad arrivare le donne che lo occupano per cucire e preparare i quadrati. L’assemblaggio dei “quattro No”, la cucitura dei quattro quadrati e dell’etichetta avviene lì. E dopo tutto il lavoro di cucitura, sistemazione ed etichettatura, le coperte vengono riposte fino al giorno dell’evento.

Col vostro progetto andate a creare in ogni città anche una rete di associazioni di collaborazione che è maestosa. Siete letteralmente il filo rosso che unisce le associazioni.

“Sì, però è un patrimonio che rimane sulla città, non è nostro, di Viva Vittoria. Noi facciamo in modo che in quella città si creino relazioni e una rete che prima non c’erano. Oppure c’erano associazioni distinte tra di loro e il progetto comune aiuta a creare nuove amicizie, nuove possibilità di aiuto, di conoscersi, di frequentarsi”.

In Piazza Grande a Modena, la vendita delle coperte è terminata alle 18:30 di domenica. Ma è solo uno stop temporaneo. In attesa della prossima coperta e della prossima città a cui legarsi.

Piazza Grande dal balcone del Palazzo Comunale – Foto Dante Farricella per A Different Eye

Particolare su piazza Grande – Foto Fulvia Iadanza per A Different Eye

 

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