venerdì, 19 Aprile 2024

Fine vita, Beppino Englaro: “Manca informazione su biotestamento. Le persone si ritrovano come Eluana” – VIDEO

Nel 2017 si è giunti alla legge 219, sancendo le "norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento". Al momento la possibilità di poter fare biotestamento è ignorata dai più, stando all'ultima indagine condotta dall'Associazione Luca Coscioni. Ne abbiamo parlato con Beppino Englaro, papà di Eluana e attivista per il fine vita.

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Era la sera del 18 novembre 1992 quando una ragazza nel pieno dei suoi 21 anni, Eluana Englaro, tornando da una festa a Pescate, nella provincia di Lecco, perse il controllo della sua auto slittata sull’asfalto ghiacciato e finì per schiantarsi contro un maledetto palo della luce e poi un muro. Troppo gravi le lesioni craniche di Eluana, a cui si aggiunse una frattura con slivellamento della seconda vertebra che la lasciò paralizzata negli arti. A causa dell’atroce incidente stradale quella brillante studentessa universitaria di Lingue, con un sorriso che illuminava chiunque le stesse accanto, entrò in un coma irreversibile e permanente per 17 anni, ciò che in gergo medico viene chiamato stato vegetativo.

Eluana è morta il 9 febbraio 2009, dopo una battaglia giudiziaria, politica e sociale estenuante condotta dal suo papà Beppino, i suoi amici, la sua famiglia, la Consulta di Bioetica Onlus e l’Associazione Luca Coscioni. Una lotta soprattutto etica che squarciò l’opinione pubblica italiana e il mondo delle Istituzioni, portata avanti da un padre convinto fin dal primo momento che sua figlia non avrebbe voluto continuare a sopravvivere grazie all’alimentazione e all’idratazione artificiale, che l’avrebbe considerata un accanimento terapeutico e una sorta di condanna a morte perpetua in vita. Ne avevano parlato prima che accadesse la tragedia e la 21enne aveva giurato che se le fosse successo qualcosa del genere, che la privava del suo intelletto, della sua facoltà di parlare, di volere e agire avrebbe desiderato liberarsi da quel corpo ormai inutile, ponendo fine alla sua esistenza con dignità e nella libertà. Il caso Englaro ha aperto la discussione sul fine vita in Italia e sulla necessità di legiferare in merito alla possibilità di un testamento biologico che desse alle persone il diritto di scegliere in maniera preventiva se morire o meno qualora dovessero trovarsi in stato vegetativo. Si tratta della legge 219 a cui si è giunti in Italia finalmente nel 2017 che sancisce le “norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento“.

Tuttavia al momento l’opportunità di poter lasciare un proprio testamento biologico è ancora piuttosto ignorata dai più, e lo dimostra l’ultima indagine a livello nazionale curata quest’anno dall’Associazione Luca Coscioni in cui emerge quanto siano ancora troppo poche le disposizioni anticipate di trattamento lasciate dai cittadini italiani, nonché troppi i ritardi nel trasmettere i biotestamenti alla banca dati nazionale. Lo ha confermato proprio Marco Cappato, tesoriere dell’associazione per i diritti civili che si ritrova oggi a dover rispondere ancora una volta del reato di aiuto al suicidio, dopo aver accompagnato a morire venerdì scorso in Svizzera un uomo di 82 anni affetto da una forma atipica di Parkinson. Della mancata campagna informativa riguardo alle dat ne abbiamo parlato con Beppino Englaro, incontrato in occasione del convegno tenutosi al Campidoglio per celebrare i trent’anni di Bioetica Rivista Interdisciplinare. Nella stessa circostanza abbiamo intervistato Maurizio Mori, presidente della Consulta di Bioetica e del periodico, nonché Mario Riccio, anestesista che aiutò a morire Welby, seguendo da vicino tra l’altro i casi Englaro, Dj Fabo e Ridolfi fino al suicidio assistito di Federico Carboni, e Caterina Botti, professoressa di Filosofia morale e Bioetica all’università La Sapienza di Roma.

La vicenda di Eluana ha riscritto la storia del “fine vita” in Italia, portando all’approvazione della legge sul biotestamento nel 2017. A livello istituzionale non è mai stata condotta una campagna informativa seria, molti non sanno nemmeno della possibilità di lasciare delle disposizioni anticipate di trattamento…
È verissimo, è proprio così. Quello che manca è l’informazione, perché così le persone continuano a trovarsi scoperte come lo era Eluana. Io parlo sempre di disposizioni anticipate di trattamento, che rientrano nei meccanismi della medicina e della giurisprudenza, c’è chi non vuole entrare in questi meandri, perché molto molto pericolosi.

Il referendum sull’eutanasia promosso dall’Associazione Luca Coscioni nel 2022 è stato dichiarato inammissibile dalla Corte Costituzionale. Nel nostro Paese vige ancora una politica che fa fatica ad accettare che la morte accada?
Io per rivendicare una libertà e un diritto fondamentale costituzionale ci ho messo 15 anni 9 mesi e 5.750 giorni, per leggere finalmente nero su bianco dalla Corte Suprema di Cassazione che nessuno può decidere né al posto né per qualcuno, ma con. Noi dopo l’urgenza ed emergenza abbiamo deciso con Eluana per la fine delle sue sofferenze, in quanto si era espressa nello specifico sul tema del fine vita. Ma si immagini lei, oggi, per i nuovi diritti a cosa si potrebbe andare incontro. È necessario che questi obiettivi vengano raggiunti e qui un plauso all’Associazione Luca Coscioni che porta avanti tali battaglie. Dico sempre che i cambiamenti culturali hanno i loro tempi, pensi allora quanto ce ne vorrà per i nuovi diritti fondamentali costituzionali oppure può darsi che verranno conquistati anche più velocemente, non lo so.

Visto il clima in Parlamento cosa c’è da aspettarsi?
Adesso c’è tutt’altro clima senz’altro. Ne vedremo delle belle, comunque aspettiamo e vediamo cosa sono capaci di dire e fare in merito a queste tematiche.

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