giovedì, 25 Aprile 2024

Qatar2022, l’arma più potente contro divisioni e violenza è lo spirito del gioco

Nell'esultanza e nei volti dei giocatori iraniani dopo i gol contro il Galles, è racchiuso tutto lo spirito del gioco e la possibilità che le cose possano cambiare.

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Sarebbe dovuto essere il Mondiale di calcio della contestazione, una delle manifestazioni sportive più criticate di sempre; di certo, attorno a questa Coppa del Mondo 2022, che si sta giocando in Qatar, si è chiacchierato molto. Il mondo dello sport è stato, soprattutto negli ultimi decenni, un veicolo importante per diffondere messaggi politici. Quando Joseph Blatter, allora Presidente della FIFA, nel 2010 assegnò l’edizione 2022 della Coppa del Mondo al Qatar fece, per sua stessa ammissione, una scelta sconsiderata. Giocare un Mondiale di calcio in uno dei Paesi con criticità elevate in quanto a diritti umani è un’incoerente follia. Però è anche vero che il Qatar, può piacere o meno, fa parte della FIFA ed ha tutto il diritto di ospitare un Mondiale. Nell’era dello show-business e del marketing, dove gli interessi economici fanno da padroni anche nello sport più popolare di sempre, alla luce dei nuovi assetti che stanno spostandosi verso la penisola araba, verrebbe quasi da dire: “Joseph, sai che c’è? Se il parametro da prendere in considerazione è il denaro, hai fatto benissimo. La risposta più forte a tutte le dispute attorno a questo Mondiale, è arrivata proprio dalla selezione più chiacchierata; nell’abbraccio e nei volti dei giocatori dell’Iran dopo i gol contro Galles è racchiusa l’arma più potente del mondo del pallone contro qualsiasi divisione.

La Russia, per ovvi motivi, è stata esclusa dalla partecipazione; la sede ospitante della manifestazione, il Qatar, è un Paese in cui secondo i parametri della civiltà occidentale vive una popolazione oppressa da una monarchia costituzionale de iure ed assoluta de facto. La condizione della donna, secondo diverse organizzazioni non governative, è sotto la rigida legge della Sharia. Come se non bastasse, questa Coppa del Mondo arriva in un momento in cui l’Iran, altro Paese che si affaccia sul Golfo Persico, è sprofondato in una crisi umanitaria che forse mai ha conosciuto prima; manifestazioni contro il regime, proteste di piazza, sollevazioni popolari stanno portando il Paese sull’orlo di una totale guerra civile. L’Iran è una delle selezioni nazionali presenti al Mondiale di calcio in Qatar, ed ha giocato ieri, 25 novembre, la sua seconda partita in questa edizione 2022: negli oltre 110 minuti giocati e nell’esultanza dei giocatori iraniani dopo i gol contro il Galles, è racchiuso tutto lo spirito del gioco e la possibilità di cambiare le cose.

Coraggio e orgoglio

L’Iran è stato inserito dalle urne nel Gruppo B, con Inghilterra, Galles e Stati Uniti. Già durante la sua prima apparizione in questa Coppa del Mondo, la selezione iraniana ha fatto parlare di sé; i giocatori non hanno cantato l’inno nazionale suonato, come di rito, prima della partita. Il gesto di coraggio, di vero coraggio da parte dei giocatori iraniani, ha tradito però una certa condizione emotiva non adatta a giocare partite di questo livello; tutto legittimo, ci sono cose di fronte alle quali non si può e non si deve rimanere passivi. L’Inghilterra, però, non può rimanere ad aspettare e non può avere pietà; il tabellino finale recita un pesante 6-2 in favore degli inglesi. Ieri, 25 novembre, l’Iran è stato chiamato a giocare la seconda partita, contro il Galles di Gareth Bale. Il match è stato un condensato di emozioni durate oltre 110 minuti e intensificatosi nella parte finale di gara. Questa volta gli iraniani hanno giocato, eccome; hanno cantato l’inno, forse costretti, forse perché, dopo aver dimostrato il coraggio di non riconoscere i metodi di un regime, è necessario mostrare tutta la lealtà verso una nazione, un popolo, una terra tra le più belle del Pianeta. La partita è stata ferocemente combattuta da entrambe le squadre, ma è stata la tenacia e la fierezza degli iraniani ad avere la meglio.

110 minuti di sacrificio e follia: la grande bellezza dell’Iran

Certo, non bastano 110 minuti di una partita del Mondiale di calcio a cambiare le cose nel mondo. Tuttavia, se è vero che lo sport deve essere veicolo di messaggi politici, perché, anziché continuare a posare in foto con la mano alla bocca (vedi Germania) o cose simili, non viene mostrato mille ed infinite volte l’abbraccio dei giocatori iraniani al gol di Rouzbeh Cheshmi contro il Galles? Che fosse una partita particolare, è stato chiaro fin da subito. In primo luogo, perché per ambedue le selezioni, il match si poneva come uno spartiacque; in secondo luogo perché, in tutta la forza emotiva con cui gli iraniani hanno cantato il loro inno, si percepiva la grande voglia di dimostrare al mondo che anche nell’antica terra di Persia sanno giocare a calcio. E, se dobbiamo dirla tutta, quando lo fanno, è anche un piacere per gli occhi di tifosi disinteressati.

Al 98′ minuto i calciatori dell’Iran sono quasi stremati, si sono sacrificati su ogni pallone come fosse l’ultimo della loro carriera; hanno giocato una partita praticamente dominata ma non fortunata; il gol non è arrivato ma è troppo importante ai fini della classifica. Negli occhi di Taremi e compagni, però, c’è ancora convinzione. Quando il pallone carambola fuori dall’area di rigore difesa dai gallesi, con il piede destro Cheshmi confeziona una meraviglia e sorprende con un tiro forte e preciso il portiere Danny Ward. Allo stadio Ahmad bin Ali di Al Rayyan è un vero tripudio. Balzano in piedi tifosi iraniani, giornalisti, cameramen, dirigenti. La corsa di Cheshmi verso i suoi compagni è già storia; il capitano, Ehsan Hajsafi, crolla in ginocchio a pugni chiusi. Le urla verso il cielo di tutta la compagine persiana esprimono la fierezza di un popolo, le facce stremate il segno tangibile di una selezione che sta giocando un Mondiale con addosso il fardello di rappresentare, giorno dopo giorno, un regime. Ma il loro abbraccio e i loro volti, sono realmente il desiderio e la possibilità di cambiare le cose.

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