martedì, 16 Aprile 2024

Il presidente Giorgia, la linguista sul linguaggio di genere: “Il femminile è portatore di buoni valori”

In occasione del convegno "Linguaggio di genere-NON SOLO PAROLE" abbiamo avuto modo di confrontarci con la linguista Manuela Manera: "Le parole descrivono la società in cui vogliamo vivere: una che ha ancora un forte predominio patriarcale e maschilista, oppure uno spazio democratico in cui tutte le soggettività hanno pari diritti".

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In ambito linguistico, la corretta declinazione di maschile, femminile e neutro è fondamentale per portare alla parità di genere l’uomo e la donna. Ad affrontare con noi questo aspetto è la linguista Manuela Manera in occasione del convegno Il linguaggio di genere-NON SOLO PAROLE. L’argomento è tornato a essere molto controverso in questo preciso momento storico, soprattutto dopo la circolare ufficiale che definisce Giorgia Meloni il Signor Presidente del Consiglio.

Manuela Manera, linguista. Affrontiamo il discorso del linguaggio di genere. Dottore o dottoressa?
“Dottoressa, ovviamente. Per me è una domanda talmente ovvia che mi ha lasciata stupita, perché quello che ci indica la lingua è dottoressa. Poi è vero che alcune donne preferiscono la denominazione al maschile, ma non è il mio caso, riconoscendomi tra l’altro nelle battaglie transfemministe, per cui direi che il femminile è portatore di buoni valori, non è percepito da me come qualcosa di sminuente come invece alcune donne percepiscono”.

Quanto è importante, linguisticamente, il linguaggio di genere per ruoli e cariche?
“È fondamentale non solo per ruoli e cariche, ma anche per tutti i nostri atti linguistici, dagli articoli di giornale ai testi scolastici, alle mail, ai messaggi WhatsApp, anche alle comunicazioni orali che svolgiamo all’interno di contesti familiari e di amicizia, perché non è una cosa che si può scegliere di seguire solo in alcuni contesti e in altri no. È proprio una visione del mondo diversa, ed è una visione del mondo che passa attraverso le parole e che ci dice che tutte le persone hanno uguali diritti: uomini, donne, persone non binarie e così via”.

Visto che il nuovo Governo ha come ministra delle Pari Opportunità una donna, dopo il voto negativo al Senato lo scorso 27 luglio, secondo lei il linguaggio di genere assumerà importanza o cadrà nuovamente nell’oblio?
“Dipende da quali intenzioni hanno le persone che parlano la lingua. È vero che c’è un’istituzione che dovrebbe fungere da modello positivo, in questo caso probabilmente fungerà da modello negativo, ma la lingua non è una cosa a uso esclusivo delle istituzioni, è qualcosa che possediamo tutt* noi e che quindi, a seconda di come useremo, daremo una svolta e una direzione ai mutamenti linguistici. Per cui, anche se in Italia ad esempio c’è l’Accademia della Crusca o istituzioni varie che si limitano a registrare come viene utilizzata la lingua, se non c’è a livello istituzionale una cura per una comunicazione che implichi messaggi di democrazia, pari opportunità, rispetto, riconoscimento dell’esistenza delle persone, è chiaro che forse l’imprinting non andrà in una direzione buona per il percorso della lingua”.

“Dall’altra però – prosegue – c’è la comunità dei parlanti che è molto forte, perciò io mi auguro che, se dall’alto arrivano determinate indicazioni, la comunità di parlanti abbia poi l’intelligenza, la cura e faccia delle scelte linguistiche diverse, perché le parole ci descrivono e descrivono in quale società vogliamo vivere: una società che ha ancora un forte predominio patriarcale e maschilista, in cui prestigio e autorità sono riconosciuti solo al genere maschile, oppure uno spazio democratico vissuto in cui tutte le soggettività hanno pari diritti? Sta a ciascuna persona decidere in quale direzione far andare la lingua attraverso azioni che magari non passano negli articoli di giornale o dalle leggi, ma che modificano la realtà, modificano le pratiche linguistiche della nostra quotidianità”.

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