Nelle prime ore di oggi, giovedì 6 ottobre, almeno 16 migranti, tutte donne, sono morte dopo che la loro nave è affondata al largo dell’isola greca di Lesbo, nel Mar Egeo centrale. La Guardia Costiera ellenica ha affermato che si tratta del secondo disastro marittimo in meno di un giorno. L’imbarcazione naufragata trasportava circa 40 persone, secondo quanto testimoniato dalle persone che erano state salvate finora. Sono 16 i corpi recuperati, mentre altre 9 donne sono state soccorse e 15 persone risultano disperse.
Urgent call to 🇹🇷 to take immediate action to prevent all irregular departures due to harsh weather conditions. Already today many lives lost in the Aegean, people are drowning in unseaworthy vessels. EU must act.
— Νότης Μηταράκης – Notis Mitarachi (@nmitarakis) October 6, 2022
Una questione tra Grecia e Turchia
Il ministro greco per la migrazione, Notis Mittarachi, ha twittato un appello alla Turchia, data la vicinanza dell’isola di Lesbo alle coste turche, affinché intraprenda “azioni immediate per prevenire tutte le partenze irregolari a causa delle condizioni meteorologiche avverse”. Il ministro ha poi proseguito: “Già oggi molte vite perse nell’Egeo, le persone stanno annegando in navi inadatte alla navigazione. L’UE deve agire“. Nel precedente incidente, le autorità greche hanno soccorso 80 migranti la cui barca è affondata sempre mercoledì 5 ottobre. Il naufragio è avvenuto dopo che l’imbarcazione ha colpito una zona rocciosa vicino all’isola di Kythira, nel sud della Grecia. Secondo i soccorsi, 15 erano ancora dispersi e le operazioni di ricerca e soccorso erano ancora in corso.
Lo stato ellenico si trova ancora una volta in prima linea ad affrontare il tema dei migranti. Già durante la crisi migratoria europea nel 2015 e nel 2016, Atene si è trovata a gestire un milione di rifugiati in fuga dalla guerra e dalla povertà da Siria, Iraq e Afghanistan è arrivato nel Paese, principalmente attraverso la Turchia.