martedì, 23 Aprile 2024

Politiche 2022: centrodestra litiga sul premier, PD insiste col “campo largo”

Dal momento in cui Sergio Mattarella ha fissato le elezioni per il 25 settembre 2022, tutti i partiti hanno iniziato a muoversi. Il centrodestra è già pronto ma dovrà affrontare e risolvere alcune divergenze. Dall'altra parte, il Pd continua nella sua costruzione del campo largo a cui manca l'adesione del solo Calenda.

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Se la politica potesse essere paragonata alla danza, si potrebbe dire che – dal momento in cui Mattarella ha sciolto le camere – è iniziata la preparazione per il grande ballo. La data a cui tutti fanno riferimento è, prima del 25 settembre, quella del 22 agosto giorno ultimo per presentare le liste elettorali. Si ballerà dunque sotto l’ombrellone, tra programmi elettorali, interviste ai vari esponenti di partito e valzer di nomi pronti a succedersi tanto per i seggi uninominali quanto per i ruoli cardine, come quello di Premier.

Gli equilibri del centrodestra

Sul ruolo del Presidente del Consiglio si è espresso il numero 2 di Forza Italia, Antonio Tajani: “Io Presidente del Consiglio? Se me lo chiedono sono pronto“. Una risposta magari data anche superficialmente, se si considera FI come terza forza del centrodestra e che si attesta al 7% nei sondaggi. Arriva pronta la risposta di Guido Crosetto di Fratelli d’Italia: “No a Tajani premier, non decide il PPE chi fa il Presidente del Consiglio“.

Di sicuro, nel toto Premier rientra Giorgia Meloni, a capo di un partito che continua a crescere attingendo anche dall’elettorato di FI e Lega. La leader di Fratelli d’Italia non vede l’ora di arrivare al giorno del voto, dato che ha nelle mani una grandissima opportunità. Dalle prima dichiarazioni, pare abbia anche ammorbidito i toni rispetto alle tante uscite dei mesi scorsi. Chi invece dovrà quantomeno limitare i danni rispetto al risultato del 2018 è Matteo Salvini. Il segretario della Lega ha invocato il “voto subito” nel tentativo di preservare e non perdere altri elettori. Anche il “capitano” non cederà facilmente la leadership della coalizione ma nel gioco degli equilibri saranno decisive anche le scelte per i candidati Presidente di Regione, sul quale Lega e Fratelli d’Italia potrebbero vacillare.

Lo schema a “quattro punte” del campo largo

Al Nazareno è tempo di calcoli. Il Partito Democratico è consapevole che, per aver qualche chance contro il centrodestra, dovrà raggruppare più forze nel “campo largo” di cui ha parlato Letta. Con il Rosatellum liste anche piccolissime potranno essere determinanti per far scattare un seggio proporzionale, far vincere un collegio uninominale o far aumentare le percentuali dei partiti maggiori. Proprio partendo dalle regole della legge elettorale che il Nazareno ha deciso di impostare la partita con uno schema “a quattro punte”. Infatti, a Fratoianni di Sinistra italiana è stato proposto il compito di riunire ogni possibile formazione a sinistra. A Tabacci, uno dei primissimi sostenitori di Draghi premier, del Centro Democratico è stata assegnata la delega per raccogliere desaparecidos dei 5s e del centrodestra. Al PSI è stato chiesto di unirsi ai Verdi o convergere con SI. Mentre il Pd, nelle vesti di regista, scenderà in campo con la scritta “democratici e progressisti” sotto il simbolo, per accogliere anche Speranza e il suo intero gruppo di Articolo 1.

Il campo largo sembra quindi essere davvero l’unica via possibile per provare a ribaltare una sconfitta prevista da molti addetti ai lavori. I voti delle forze che non supereranno lo sbarramento del 3% verranno infatti assegnati ai partiti maggiori. Cioè al Pd, che in cambio garantirà agli alleati delle candidature sicure. Così i dem confidano di aver gioco facile per uscire dalle urne come prima forza nazionale. Un risultato che garantirebbe la segreteria a Letta anche in caso di sconfitta.

La quarta punta

Il pacchetto offensivo manca ancora della “quarta punta”. Il nome è quello di Carlo Calenda, leader di Azione, che per ora resiste alle avance di Letta. In base ai sondaggi, detiene un pacchetto di consensi tale da poter anche superare la soglia del 5% stabilita per chi va da solo. Un vero incubo per i dem. Letta punta quindi sulla Bonino e insiste perché entri a far parte dell’alleanza. L’esponente radicale è propensa ad accettare. In tal caso cambierebbe tutto: +Europa non solo è alleata di Azione ma soprattutto ha l’esenzione per la raccolta delle firme. Se la federazione si rompesse, Calenda sarebbe chiamato ad un grande sforzo organizzativo in poco tempo.

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