venerdì, 19 Aprile 2024

Deceduto durante un Tso: psichiatra e tre agenti di Polizia Locale condannati a 18 mesi in Cassazione

La Cassazione ha condannato per omicidio colposo a un anno e 6 mesi i tre agenti e lo psichiatra che eseguirono il 5 agosto 2015 un Trattamento sanitario obbligatorio su Andrea Soldi, poi deceduto.

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Questa sentenza dimostra che non ero una visionaria. Ora la mia battaglia accanto ai più fragili continua con maggiore forza e determinazione di prima”. A parlare è Maria Cristina Soldi, al termine dell’udienza che ha condannato in Cassazione a un anno e 6 mesi i tre agenti di Polizia Locale e lo psichiatra che hanno eseguito un Trattamento sanitario obbligatorio (Tso) nei confronti di suo fratello Andrea, poi deceduto. Da tempo Maria Cristina è attiva al fianco delle associazioni “A Buon Diritto” e “Amnesty Italia” che lottano contro gli abusi commessi dalle istituzioni sui pazienti psichiatrici, chiedendo allo Stato che venga dedicata maggiore attenzione alla salute mentale.

La vicenda

È il 5 agosto 2015 quando il cuore di Andrea Soldi smette di battere dopo una procedura di Tso. Quel giorno Andrea, il ragazzone che tutti conoscono come “il gigante buono”, è seduto sulla sua solita panchina nei giardinetti di piazza Umbria, a Torino, vicino casa sua. L’uomo è affetto da schizofrenia paranoide dall’età di 20 anni e da mesi ha smesso di prendere farmaci perché a suo dire lo facevano ingrassare; lo psichiatra ne aveva prescritti altri, ma Andrea si sente addirittura peggio. L’assenza di cure preoccupa il padre di 80 anni che chiede alle autorità di eseguire un Tso, ovvero il prelievo coatto di un paziente che soffre di malattia psichiatrica e rifiuta ogni terapia. Nel primo pomeriggio di quel caldo giorno d’agosto tre agenti di Polizia Locale del Nucleo Progetti e Servizi Mirati di Torino, uno psichiatra e un infermiere prendono di peso Andrea, trascinandolo in un’ambulanza. È la sesta volta che viene praticata una tale procedura di ricovero forzato nei suoi confronti, ma sarà l’ultima.

Gli agenti lo immobilizzano, uno di loro piomba alle sue spalle, strangolandolo con una mossa di arti marziali, mentre gli altri due gli bloccano le braccia. Pratiche di contenzione che portano il “gigante buono” a perdere conoscenza in pochi attimi. Andrea viene scaraventato per terra, ammanettato e schiacciato a pancia in giù su una barella. Quando arriva all’ospedale Maria Vittoria, il 45enne, è in crisi respiratoria da alcuni minuti e per lui non c’è più nulla da fare. Tutti lo conoscevano come una persona buona, che spesso giocava all’aperto con i bambini; secondo alcuni la schizofrenia lo rendeva apatico, tanto da spingerlo a “trascurare la sua igiene personale”, ma niente di più. Andrea, che aveva lavorato fino ai primi anni del 2000 nell’azienda paterna, seguendo con amore una squadra di calcio per ragazzi del quartiere, non era ritenuto violento né pericoloso.

Telefonata tra l’autista dell’ambulanza e il centralino del 118

Molti organi di stampa nel 2015 si sono occupati del caso, pubblicando la trascrizione di una telefonata intercorsa tra l’autista dell’ambulanza, che si è occupato del trasporto di Andrea in ospedale durante il Tso, e il centralino del 118. Dagli audio della chiamata si sente l’autista che racconta di aver visto usare procedure violente nei confronti del 45enne. “È stato un po’ invasivo…” dice l’autista all’operatrice del 118, la dottoressa con cui era già in contatto dall’inizio del Tso. “Lo hanno preso per il collo… lo hanno fatto un po’ soffocare… Mi hanno detto di caricarlo, ma siccome aveva le manette ed era a pancia in giù non volevo farlo e ho detto di no. Ma loro me l’hanno ordinato e io l’ho lasciato così, a pancia in giù“, scrivevano all’epoca i giornali. In un’altra intercettazione citata da Repubblica, l’autista pare abbia rivelato che era stato lo psichiatra a ordinare che Andrea venisse lasciato così. Testimonianze che hanno messo in moto la macchina della Giustizia, chiamando al banco degli imputati gli agenti e lo psichiatra, indagati dalla Procura di Torino per omicidio colposo, e hanno scosso i piani alti della politica, il mondo dell’associazionismo e l’intera opinione pubblica.

Le condanne in primo grado

La Corte d’Appello nel maggio 2018 aveva condannato in primo grado a un anno e 8 mesi di carcere sia lo psichiatra che i tre agenti della Polizia Locale accusati di omicidio colposo per la morte di Andrea Soldi. Secondo la ricostruzione della Procura di Torino, Andrea, che non voleva seguirli in ospedale, sarebbe stato proprio afferrato da dietro le spalle e stretto al collo con un braccio. “C’è stata giustizia ed è quello che ci interessava. Non si può morire con un Tso. Ora mi auguro che vengano presi provvedimenti disciplinari nei loro confronti, in modo che non svolgano più le loro mansioni”. Così si era espressa Maria Cristina Soldi. Un anno fa il Comune di Torino ha apposto una targa dedicata ad Andrea sulla sua panchina, come chiesto dalla sorella dopo la condanna in primo grado: “Così, quando un bambino passerà lì davanti, il papà potrà spiegargli che lì era seduta una persona buona. Che era malata, è vero, ma che non doveva morire”.

Anime fragili uccise dalla psichiatria istituzionalizzata

Il caso di Andrea Soldi ha scoperchiato ancora una volta il vaso di pandora sulla legittimità del Tso e delle pratiche di contenzione fisica, meccanica, ambientale e farmacologica, ancora oggi messe in atto nei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura italiani, fenomeno altamente sommerso di cui non si conoscono dati e monitoraggi. Andrea, come il maestro Francesco Mastrogiovanni e tante altre anime fragili, è stato ucciso dalla smania di istituzionalizzazione della malattia mentale, è morto per mano di un sistema sanitario che avrebbe dovuto difenderlo, curarlo, liberarlo dal suo male.

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