sabato, 20 Aprile 2024

“Thor: Love and Thunder”, il declino di un dio tra ironia e pantomima

Uscito al cinema dopo una lunga attesa, "Thor: Love and Thunder" è un'altalena di colori e scene surreali, che narra le ultime avventure del Dio del Tuono con una trama poco convincente. Effetti speciali e musica da urlo non giustificano il prezzo del biglietto.

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Dire che la saga Marvel è finita con “Avengers: Endgame” è una banalità, portarla avanti come la casa cinematografica sta facendo è una forzatura. Il top del flop è stato raggiunto finora con l’ultimo film sfornato dai Marvel Studios, “Thor: Love and Thunder”. Dopo la trasformazione che il personaggio ha vissuto, da Dio nordico bellissimo e sicuro di sé a uomo in sovrappeso con problemi emotivi, qui vediamo il ritorno alle origini, almeno fisicamente. Già nel primo film, il contatto con gli esseri mortali l’aveva reso più umile e “umano”. In quest’ultima pellicola il personaggio mostra, dopo una lunga serie di fragilità, l’altruismo che l’ha contraddistinto e si ritrova con il suo amore storico, Jane Foster, che nel frattempo è diventata “la potente Thor”.

“Thor: Love and Thunder” è uno scoppiettio di colori su una colonna sonora da urlo dove i Guns N’ Roses l’hanno fatta da padrone, accompagnando il fulcro della storia passo dopo passo: l’amore. Tutto gira intorno all’amore, in ogni forma possibile, da quello verso gli amici, a quello genitoriale, passando ovviamente per quello di coppia, con gli eventi che si susseguono lungo una trama pressoché surreale.

Formidabile invece è stato Christian Bale, che ha dimostrato per l’ennesima volta la propria versatilità; è stato in grado di trasmettere emozioni anche solo con uno sguardo. Un villain perfetto, che nasce buono e diventa necessariamente cattivo: il suo cuore si strappa nella prima scena, così come i cuori di tutti gli spettatori che vivono con lui lo strazio della perdita. Un personaggio di spessore, quasi il vero protagonista della storia, reso sfortunatamente banale alla fine del film. Supereroi e cattivi, costumi sempre magnifici, effetti speciali straordinari, make up complessi e artisticamente perfetti. Tutto bellissimo, ma dov’è la storia? Dov’è l’originalità? Molti spunti accennati e buttati via rapidamente, tanta ironia che ha reso spesso divertente e altamente ridicola la pellicola. Sono state affrontate tematiche molto delicate e talvolta pesanti, come la genitorialità, la malattia, la perdita, che hanno reso i pochi momenti di serietà del film estremamente interessanti e umani. Da alcuni scatti rubati sul set, si era spoilerata la presenza di Russell Crowe, sebbene non si sapesse che ruolo avrebbe ricoperto: ed eccolo che entra in scena vestendo i panni di uno Zeus obeso e menefreghista, pieno di sé e concentrato solo sui vezzi di un’esistenza immortale e immorale, la caricatura di una delle più grandi divinità mai esistite, di cui l’unica cosa che si salva è il doppiaggio di Luca Ward, voce storica dell’attore.

Questi sono gli elementi salienti della pellicola, tanto attesa da tutti i seguaci che hanno visto il lento declino di un mondo fantastico. Il Marvel Cinematic Universe ha aperto le porte nel 2008 con “Iron Man” e ha viaggiato egregiamente, con una timeline ben articolata, fino all’ultimo Avengers. Ogni personaggio ha avuto una storyline complessa e con buchi di trama, necessari quando si crea un universo cinematografico così ricco di protagonisti, che però sono stati colmati nei modi più disparati: basti pensare a Black Widow, che ha avuto un film tutto per sé solo per spiegare alcune vicende mancanti nella sua storia e per introdurre un nuovo personaggio, oppure a Wanda Maximoff, che ha ottenuto una mini serie tv perfettamente gestita sotto ogni punto di vista per permetterle di trasformarsi in Scarlett Witch e diventare la giusta antagonista dell’ultimo film di Doctor Strange. Qui i buchi di trama sono stati colmati dai racconti di uno dei personaggi introdotti in “Thor: Ragnarok”, storie narrate come fiabe per bambini, scelta poco apprezzata. Esistono numerose tecniche narrative, come i flashback o i racconti in prima persona, per sopperire alle mancanze che i balzi temporali creano tra un film e l’altro, ma probabilmente è stata scelta la peggiore. Molta azione, molti combattimenti, alcuni colpi di scena niente male, ma alla fine un film a sé stante che non ha aggiunto nulla a un universo già completo. Troppa ironia, troppo sarcasmo che hanno trasformato un film dall’enorme potenziale in una pantomima.

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