martedì, 16 Aprile 2024

Uno non vale l’altro, Di Maio lascia e spacca il Movimento 5 Stelle

La scissione è arrivata. Di Maio lascia il Movimento dopo i dissapori degli ultimi giorni. Adesso, la nuova creatura politica guidata dal ministro degli Esteri si va a collocare nel "grande centro".

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Il Movimento 5 stelle alla fine ce l’ha fatta a diventare come gli altri. L’addio di Luigi Di Maio al partito pentastellato che aveva contribuito a portare oltre il 30% arriva alla fine della giornata più lunga per la tenuta della maggioranza e del governo. Da “uno vale uno” a “uno non vale l’altro”. È tutta qui la scissione del partito che fu Grillo, ormai eminenza grigia, adesso nelle mani dell’ex premier Giuseppe Conte. 

L’addio

Fossimo stati nelle vesti di Luigi Di Maio, molto probabilmente, anche noi avremmo fatto di tutto per evitare quel vincolo dei due mandati già protratti con il capolavoro del “mandato zero”. Perché nella logica di un ragazzo di 35 anni già vicepresidente della Camera, vicepresidente del Consiglio, ministro dello Sviluppo, ministro del Lavoro e adesso ministro degli Esteri è normale che due mandati stiano un po’ stretti. “Lascio il Movimento 5 stelle“. È con queste parole, pronunciate davanti i giornalisti convocati all’Hotel Bernini di Roma, che Luigi Di Maio ha ufficializzato l’addio dal partito che come un demiurgo lo ha creato e candidato. “Quella di oggi è una scelta sofferta”, dice, “che mai avrei immaginato di dover fare. Oggi io e tanti lasciamo il M5s che da domani non sarà più la prima forza politica del Paese”. 

Un’operazione che parte da lontano

Il nome del futuro progetto politico è già stato fatto circolare nel pomeriggio, segno che il piano era già in elaborazione da tempo. L’operazione di Luigi Di Maio parte da lontano, almeno dalla rielezione di Mattarella a gennaio 2022. Infatti, in quell’occasione furono Di Nicola, Presutto ed altri fedelissimi di Di Maio, a votare in aula il nome di Mattarella già dalle prime votazioni e a farlo crescere sempre di più. Furono poi sempre i seguaci del ragazzo di Avellino, con una mano tesa da parte di Guerini, Renzi ed altri, ad affossare Conte e la sua candidata, Elisabetta Belloni, che altrimenti avrebbe avuto i voti per essere eletta. Già dalla nascita del Conte II, Di Maio e i suoi fedeli hanno iniziato a tendere verso il centro, verso Renzi.

Gli equilibri del centrosinistra e il campo largo

Ora si pone il tema delle alleanze in ottica 2023. Spadafora ha dichiarato che con il PD ci sarà dialogo ma i dem dovranno porsi il problema dell’alleanza con Conte. Dal canto suo, il M5S rischia davvero di sparire. Forse l’unico modo per provare ad evitare ciò è tornare partito di lotta e non di governo, ma la figura di Conte è poco consona a quel tipo di impostazione. Siamo sempre lì, il centrosinistra diventa di nuovo un cantiere aperto. Il Partito Democratico non ha più un partner di peso, restando l’unico pianeta in una galassia costellata di satelliti e polvere di stelle. Il campo sarà largo per tentare di raccogliere i vari frammenti dispersi come Calenda, Bonino e lo stesso Renzi che però non hanno molto appeal. Il grande centro resta, ad oggi, una leggenda un po’ come la ricerca del Sacro Graal. Una leggenda che ha più leader che elettori.

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