venerdì, 29 Marzo 2024

Tutti assolti perché il fatto non sussiste: con Banca Etruria il giustizialismo ha perso ancora una volta

Gli imputati del processo sulle consulenze d'oro di Banca Etruria sono stati assolti, tra questi il padre di Maria Elena Boschi. E ancora una volta, i giustizialisti dovranno chiedere scusa. Se mai lo faranno.

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“Il fatto non sussiste”. Queste sono state le quattro parole pronunciate dal giudice Ada Grignani, dopo un’ora di camera di consiglio. Parole che di fatto hanno assolto tutti i 14 imputati al processo, svoltosi ad Arezzo, per le cosiddette “consulenze d’oro” all’ex Banca Etruria. Respinta quindi la richiesta di un anno per Pierluigi Boschi, padre dell’ex ministro, Maria Elena, ed ex vicepresidente della banca. L’accusa era di aver affidato consulenze inutili e ripetitive, per un totale di 4 milioni di euro, nonostante le condizioni già critiche della banca.

Ipotesi di ricorso

Gli imputati erano accusati di bancarotta colposa per una serie di consulenze commissionate dall’ex Banca Etruria per valutare l’ipotesi di fusione con un altro istituto di credito: la Banca Popolare di Vicenza. La fusione poi non è andata in porto. Secondo l’accusa, le consulenze aggravarono i conti dell’istituto di credito aretino e da qui partì il filone complementare a quello generale per bancarotta fraudolenta per il crac della banca. Dopo la lettura della sentenza, il procuratore Roberto Rossi, a capo del pool investigativo della procura di Arezzo su Banca Etruria, ha dichiarato: “Aspettiamo le motivazioni, poi valuteremo se fare ricorso in appello“.

Culturalmente siamo ancora giustizialisti

Per quanto le idee di ognuno ci permettano di filtrare la realtà in modo diverso, ogni volta che casi con un così alto clamore mediatico si concludono in un certo modo, inevitabilmente ci sono da fare delle considerazioni. Il centrosinistra ha passato anni a fare politica sui guai giudiziari del più forte avversario di quel momento storico: Silvio Berlusconi. Poi, nel momento in cui in auge si è trovato Matteo Renzi, leader indiscusso del Partito Democratico, è toccato anche ad uno dei partiti più garantisti inghiottire la pillola del giustizialismo. Si, perché il caso di Banca Etruria è accaduto proprio in quel periodo.

Intanto con il giustizialismo che non è né di destra né di sinistra, ma coinvolge varie frange dei due poli del pensiero politico, in molti sono riusciti a cavalcare l’onda e sedere sulle poltrone romane, un partito in particolare. Perché tra un “Vaffa-day” e la linea editoriale di un certo tipo di giornalismo, l’Italia e gli italiani è stata sempre affascinata dal voler mettere alla forca, prima del tempo, la proverbiale “casta”. Sia chiaro, c’è chi nei Dem ha sfruttato proprio il caso giudiziario della banca aretina per mettere alle strette e far fuori l’enfant prodige di Firenze. Adesso, magari ci sarebbe da chiedere scusa.

Con il culo degli altri

Al di là dell’appartenenza politica, è sempre bello fare i giustizialisti con il culo degli altri, parafrasando un proverbio popolare. La politica, o meglio, il fare politica non può essere contaminato dall’ambito giudiziario. La purezza del confronto sta nelle diverse visioni che ognuno ha, dal piccolo paesino all’Italia intera. Si prende questo caso semplicemente perché il tema è tornato di attualità. Forse per cambiare tutto l’apparato una riforma è necessaria, i tempi sono maturi. Forse, il tentativo rozzo e raffazzonato dei referendum sulla giustizia andavano considerati anche sotto questo aspetto.

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