mercoledì, 24 Aprile 2024

Elogio spietato di Walter Sabatini: l’ultimo dei romantici

Sabatini eretico. Romantico. Esistenzialista, crepuscolare e solitario. "Naufrago e navigante", direbbe Galeano. Interprete fedele del calcio come "ultima rappresentazione sacra del nostro tempo". Sabatini è ancora di salvezza per quanti antepongono "l'intelligenza sensibile a quella analitica". Cuore selvaggio in un mondo di numeri. Lunga vita a Walter Sabatini.

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“È stata una salvezza da cuori selvaggi. Resto a Salerno”. Ha annunciato così, Walter Sabatini, la propria permanenza in granata anche per la prossima stagione. Appena una settimana fa, l’impresa che lo ha consacrato nell’alveo dei più capaci interpreti del ruolo di direttore sportivo, semmai ci fosse ancora bisogno di tale conferma. Ma Sabatini non è soltanto uomo di mercato. In grado, come pochi, di intessere le trame di un calcio che, mano mano, sta sacrificando la sua componente umana sull’altare dell’artificiosità tecnologica.

“Non sono contro la scienza e la modernità. Ammiro la logica. Ma se a dettare le scelte del mio lavoro dev’essere un software, allora non ci sto”. Parlava così nel 2017, quando nel mondo del calcio cominciavano appena ad affacciarsi i primi marchingegni in grado di stabilire persino i movimenti in campo degli atleti. Oggi quantomai in voga. “Non si tratta di lottare contro un Grande Fratello. I numeri sono utili. Bisogna tenerne conto. Ma l’intelligenza artificiale applicata al calcio ha bisogno di mediazioni. Nel comprare un calciatore conta il mio occhio. Il mio istinto. Il calcio non può essere riportato alla statistica”.

Uno sciamano. Così lo ha definito chi ne ha colto la componente più intima dell’animo. Ma Sabatini va oltre. Trascende la distinzione tutta occidentale tra mente e corpo. Gioca con le parole. Si diverte a mettere in crisi chi vorrebbe in tutti i modi inquadrarlo in questa o quella corrente di pensiero. Legge Hemingway e cita Marquez. “Io mi suicido tutti i giorni. Ho sempre avuto poco rispetto per la vita. Sono un suicida senza successo”, aveva detto in un’irriverente intervista rilasciata qualche tempo fa alla Gazzetta dello Sport.

A gennaio ha preso in mano le sorti di una squadra allo sbando. Ha scelto Davide Nicola per rilanciare un gruppo in cui credevano in pochissimi. Ha messo a punto alcuni colpi di mercato ben mirati e portato a casa una salvezza al cardiopalma. “Per me il pallone è una sfera magica. L’Aleph di Borges. Ci vedo l’universo intero, mentre altri notano solo la sfera di plastica”.

Qui c’è tutto Walter Sabatini. Il suo spirito meravigliosamente mediterraneo. Arci-italiano. A chi durante l’anno, con l’unica dialettica in grado di comprendere, lo ha accusato di aver vinto poco, ha risposto: “Io non ho vinto nulla, ma ho letto tanto e continuo a farlo. Mi curo della vita, e questa è una vita invivibile. Perché fatta di arroganza e dislivelli”.

Sabatini eretico. Romantico. Esistenzialista, crepuscolare e solitario. “Naufrago e navigante”, direbbe Galeano. Interprete fedele del calcio come “ultima rappresentazione sacra del nostro tempo”. Sabatini è ancora di salvezza per quanti antepongono “l’intelligenza sensibile a quella analitica”, per usare le sue parole. Cuore selvaggio in un mondo di numeri. Lunga vita a Walter Sabatini.

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