martedì, 19 Marzo 2024

Chiedeva ai ragazzini di fare “sesso in videochat”: prete condannato a 5 anni

Il prelato è stato condannato a 5 anni per prostituzione minorile; il prete avrebbe chiesto a quattro 16enni prestazioni sessuali tramite videochat in cambio di denaro.

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Nello stesso giorno in cui la Conferenza Episcopale Italiana ha annunciato il primo report nazionale per prevenire e monitorare il fenomeno della pedofilia di cui si è reso protagonista spesso il mondo ecclesiastico, piomba la notizia della condanna a cinque anni di carcere per padre Vincenzo Esposito. Il sacerdote 64enne, originario di Caltavuturo, parroco di San Feliciano Magione in provincia di Perugia, è stato incriminato di prostituzione minorile, in quanto avrebbe chiesto a quattro 16enni prestazioni sessuali tramite videochat in cambio di denaro. All’epoca dei fatti il prete esercitava il ministero a Termini Imerese.

Il chierico avrebbe proposto ai ragazzini di mostrarsi in chat in atteggiamenti a sfondo sessuale o di ricevere alcuni loro video succinti, al modico prezzo di dieci, venti, massimo trenta euro. Padre Vincenzo è stato arrestato dai Carabinieri nell’agosto dello scorso anno, assieme alla madre di una delle presunte vittime che avrebbe spinto il figlio a prostituirsi, guadagnando una tangente di circa 5 o 10 euro sui pagamenti effettuati dal prete.

L’inchiesta

Tutto è cominciato per puro caso. Gli agenti tra aprile e luglio dello scorso anno hanno intercettato alcune telefonate che facevano capo ad un’altra indagine. Secondo le prime ricostruzioni pare che le vittime di abusi – assistite dagli avvocati Francesco Paolo Sanfilippo, Giuseppe Canzone e Caterina Intile – fossero al momento dei fatti tutte in condizioni economicamente disagiate. Le somme percepite sarebbero state usate dai minorenni per comprare sigarette, tagliarsi i capelli o andare in pizzeria con la fidanzata.

Facciamolo in tre, vi mando 20 euro“, avrebbe detto il prete. “Sei la mia vita, don Vincè”, “ti voglio bene” e “sono innamorato pazzamente”, queste le risposte dei presunti abusati. Da quanto è emerso dalle intercettazioni i giovani non avrebbero esitato ad insultare l’imputato nel momento in cui ritardava nei pagamenti, definendolo “cornuto” o “testa di minchia”. Nell’ordinanza di custodia cautelare si è detto che il prete avrebbe sfruttato ogni momento per scrutare morbosamente gli adolescenti in atteggiamenti intimi, situazioni che si verificavano prima di una messa, così come dopo la celebrazione di un funerale. L’avvocato che assiste padre Vincenzo ha preannunciato che procederà con l’appello.

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