giovedì, 25 Aprile 2024

‘Ndrangheta: cosche attive nella Capitale: eseguite 43 misure cautelari e 24 sequestri

Operazione "Propaggine", misure cautelari per 43 persone tra il Lazio e la Calabria. In manette il sindaco di Cosoleto, in provincia di Reggio Calabria. La la 'ndrina romana operava dopo il via della casa calabrese.

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La Direzione Investigativa Antimafia ha eseguito un’ordinanza cautelare nei confronti di 43 persone. L’operazione, scattata tra Lazio e Calabria, è il risultato delle indagini, condotte dalla Dda, che hanno fatto emergere la presenza nella Capitale di una locale cellula della ‘ndrangheta finalizzata a ottenere la gestione e il controllo delle attività economiche nei più svariati settori commerciali, tra cui, quello ittico, della panificazione, della pasticceria, del ritiro delle pelli e degli olii esausti. “Siamo una carovana per fare la guerra”, affermava il boss della locale romana in una intercettazione agli atti dell’indagine.

È stato disposto anche il sequestro di 24 società e di ristoranti, bar e pescherie attive nella zona nord di Roma.

Le indagini

Secondo quanto riferito dagli inquirenti, l’organizzazione utilizzava intestazioni fittizie per mascherare la reale titolarità delle attività, e si proponeva anche il fine di commettere delitti contro il patrimonio, la vita e l’incolumità individuale e in materia di armi, per affermare il controllo egemonico delle attività sul territorio, anche attraverso accordi con altre organizzazioni criminose.

Nell’ambito della stessa inchiesta, denominata “Propaggine”, è finito in manette anche Antonio Gioffré, sindaco del Comune di Cosoleto, in provincia di Reggio Calabria. Il suo nome compare nell’elenco dei 34 soggetti raggiunti da un’ordinanza di custodia emessa del G.I.P. su richiesta della Dda di Reggio Calabria, contro la cosca Alvaro-Penna di Sinopoli. Dei 34 soggetti, 29 sono in carcere, mentre per gli altri 5 sono scattati gli arresti domiciliari.

Per il primo cittadino reggino l’accusa è quella di scambio elettorale politico-mafioso; in cambio di voti avrebbe favorito l’assunzione di una persona, anche questa indagata. I reati contestati agli arrestati sono associazione mafiosa, favoreggiamento al fine di agevolare l’attività del sodalizio mafioso, detenzione e vendita di armi comuni da sparo e armi da guerra aggravate.

Stando a quanto emerso dalle indagini, la ‘ndrina che operava a Roma dopo il “via libera” dalla casa calabrese, era formata da una diarchia con a capo Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro, entrambi appartenenti a storiche famiglie di ‘ndrangheta.

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