giovedì, 25 Aprile 2024

Roberto Cazzaniga truffato per 600mila euro: denunciate falsa modella e complice nel caso sollevato dalle Iene

Una delle due donne agiva sotto il falso nome di una modella straniera e grazie all'aiuto di un’amica avrebbe dapprima instaurato e coltivato un rapporto telefonico fino a convincere l'atleta dell’esistenza della relazione, per poi indurlo ad elargire cospicue somme di denaro.

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Un rapporto a distanza, una “love story” nata tra un giocatore di pallavolo e una modella brasiliana, che tuttavia, dopo 15 anni, si è scoperto essere fasulla, con tutti i profili per essere definita legalmente una vera e propria truffa ai danni dell’atleta. È finita su tutte le pagine di cronaca e anche in una serie di servizi realizzate delle Iene di Italia1, si tratta della vicenda che ha riguardato Roberto Cazzaniga, ex pallavolista della Nazionale Italiana oro ai Giochi del Mediterraneo 2009, truffato da Maya Mancini e Valeria Satta, oggi indagate per truffa aggravata e continuata. La Guardia di Finanza di Monza, su delega della Procura della Repubblica brianzola, sta infatti eseguendo ad un provvedimento di sequestro preventivo, emesso dal G.I.P. presso il Tribunale del capoluogo, finalizzato alla confisca diretta di denaro e altre disponibilità finanziarie nei confronti delle due donne, residenti nelle province di Monza e Cagliari, quale profitto di una condotta illecita durata tanti anni.

I fatti ricostruiti dalle indagini dei militari sarebbero i seguenti. Una delle due indagate, Maya Mancini, agiva sotto il falso nome di una modella straniera Alessandra Ambrosio e grazie all’aiuto di un’amica fidata del pallavolista, Valeria Satta, avrebbe, con inganni e raggiri, dapprima instaurato e coltivato un rapporto telefonico fino a convincere l’atleta dell’esistenza della relazione, mostrando via social anche foto ritraenti una nota modella realmente esistente, per poi indurlo a contribuire alle spese mediche occorrenti a far fronte a gravi patologie sofferte (di fatto inesistenti) ovvero per superare presunte difficoltà finanziarie che avrebbero impedito alla ragazza anche l’acquisto di beni di prima necessità. La vittima, suggestionata dalla finta relazione sentimentale, le avrebbe elargito per circa 15 anni, una somma davvero corposa: oltre 600mila euro.

Nel corso dell’indagine – originata da una querela della stessa persona offesa e sviluppata anche con accertamenti patrimoniali e finanziari e l’analisi di segnalazioni di operazioni sospette generate dal sistema di prevenzione antiriciclaggio – sono state ricostruite circa 1.400 singole transazioni attraverso le quali il giocatore ha trasferito – tra il 2008 e il 2021 – sui rapporti finanziari della finta modella sistematiche somme di denaro, in particolare mediante ricariche/bonifici su più carte postepay (generalmente, di importo variabile tra 200 e 3mila euro), ovvero con disposizioni di bonifico su conti correnti bancari e postali, oltre a provvedere all’acquisto di un’autovettura. Le somme così accreditate sono state quasi esclusivamente utilizzate da “Maya” per prelievi di denaro contante da vari sportelli bancari e postali, pagamenti on line e/o presso esercenti vari per spese voluttuarie.

Parte delle somme sono state trasferite all’altra complice residente in Brianza (circa 90mila euro), oltre che a persone rientranti nella sfera familiare della stessa indagata. Alla fine delle indagini, in accoglimento della proposta di sequestro preventivo avanzata dalla Procura della Repubblica di Monza, il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale brianzolo ha adottato il relativo provvedimento ablativo, la cui esecuzione è in corso a cura delle Fiamme Gialle fino a concorrenza di circa 74 mila euro, corrispondente all’importo del profitto di truffa non ancora prescritto ai fini penali. Per le condotte illecite al vaglio della competente A.G., sulla base del principio di presunzione di innocenza, la colpevolezza delle persone sottoposte ad indagine sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna, a cui seguirebbe obbligatoriamente la confisca del profitto del reato.

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