mercoledì, 24 Aprile 2024

Bloody Sunday, 50 anni dopo: per non dimenticare quel giorno di follia

Oggi ricorre un tragico evento nella storia dell'Irlanda del Nord, quando a Derry l'esercito inglese aprì il fuoco su di un corteo di manifestanti pacifico ed inerme, causando la morte di 14 persone innocenti. Solo 38 anni dopo l'Inghilterra ha ammesso le proprie colpe.

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Mentre camminavo per le strade di Belfast, perso tra quei muri pieni di storia e graffiti che portavano con sé anni di lotte, differenze sociali, religiose e politiche, gli irlandesi contro gli inglesi, gli irlandesi contro gli irlandesi, vicoli e stradine che sono stati scenari di fughe, arresti, dolore. Mi guardo intorno e rivivo indirettamente la storia di questo popolo che adoro, la voglia di libertà che ha radici antiche, le sue tradizioni. Mentre cammino, come se fosse un déjà-vu, camionette dell’esercito inglese mi passano accanto e penso di essere ancora negli anni 80. Ma oggi, il 30 di gennaio cinquanta anni dopo, non è una data da dimenticare, anzi, un giorno di dolore e follia, il 30 gennaio del 1972 a Derry, Irlanda del Nord, i parà inglesi aprirono il fuoco su una inoffensiva marcia civile e uccisero 14 persone. Un evento che ha segnato non solo l’Irlanda ma tutto il mondo, attirando finalmente l’attenzione sulla gravità politica raggiunta della situazione irlandese che andava ormai oltre il conflitto con la nota I.R.A.

Bloody Sunday, la domenica di sangue, così è stata ribattezzata, così è stata cantata da una delle band simbolo di quel popolo, gli U2. Nessuno prima di allora avrebbe immaginato che un esercito potesse compiere un atto così grave, così infame e vigliacco.

Quel giorno a marciare nelle strade di Derry c’erano migliaia di persone, protestavano per i propri diritti, la manifestazione era stata indetta dal Movimento per i diritti civili dell’Irlanda del Nord, il corteo era fatto di uomini, donne e bambini che pacificamente reclamavano uguaglianza, diritto al lavoro e diritto ad una casa, si battevano contro le discriminazioni, contro la povertà. La storia racconta che quel pomeriggio il corteo raggiunse il ghetto cattolico di Bogside, qui un reggimento speciale di paracadutisti inglesi armato con mitragliatrici pesanti cominciò a sparare per almeno quindici minuti senza preavviso sulla folla, caddero 13 persone, otto delle quali avevano un’età compresa tra i 17 e i 20 anni. I feriti erano quattordici, uno di loro morì poco dopo per le ferite riportate. Il comunicato ufficiale parlava di “cinque freddati alle spalle, un altro fu ammazzato mentre teneva le braccia sulla testa in segno di resa”.

Come spesso è accaduto il governo inglese, abituato a coprire impunemente i propri disfatti e le violenze perpetuate nel tempo senza motivo, comunicò che l’esercito inglese aveva solo risposto al fuoco irlandese e che i caduti fossero tutti legati all’IRA, l’esercito indipendentista clandestino irlandese. I parà inglesi furono scagionati ponendo le basi per un conflitto che non si sarebbe mai fermato ed un odio che tutt’oggi alcuni portano ancora nel cuore.

Sempre dalla rassegna stampa ufficiale leggo: «Quello che accadde quel giorno a Derry cambiò radicalmente il corso degli eventi, trasformando una protesta pacifica in una rivolta armata», spiega lo storico irlandese John Dorney: «fino ad allora, la minoranza cattolica aveva creduto che lo Stato dell’Irlanda del Nord fosse riformabile, e si era impegnata con manifestazioni e proteste pacifiche per far cessare le discriminazioni. Ma nelle settimane successive al massacro centinaia di giovani irlandesi si convinsero che protestare pacificamente non serviva a niente, se non a rischiare di essere ammazzati, e andarono a ingrossare le file dell’IRA.»

Dopo l’inchiesta-farsa che aveva scagionava l’esercito, finalmente dopo anni si ritornò a parlare di Derry negli anni 90, in seguito alle campagne lanciate dai familiari delle vittime e con il sostegno della comunità europea, per arrivare al 1998 quando il governo inglese avviò una nuova inchiesta, il giudice era Mark Saville e l’inchieste è durata 12 anni. Nel leggere queste cose provo solo imbarazzo per il governo inglese che ha cercato in tutti i modi di nascondere ogni prova e provo imbarazzo anche per quella parte di popolo irlandese che non sa cosa sia l’unità nazionale e che ha tradito i propri fratelli schierandosi con chi ha reso la vita quotidiana del suo popolo un vero calvario.

Sull’accaduto è stato anche girato un film che vi consiglio di vedere, “Bloody Sunday” uscito nel 2002 scritto e diretto da Paul Greengrass, ispirato al libro di Don Mullan “Eyewitness Bloody Sunday” (Wolfhound Press, 1997), premiato al Sundance Film Festival.

Dopo tutte le deposizioni, leggo sempre dai comunicati ufficiali, nelle quali furono ascoltati oltre mille testimoni, nel 2010, attenzione sottolineo 2010, per la prima volta fu dichiarato che i Parà inglesi avevano effettuato una “brutale aggressione” ad un corteo pacifico causando la morte di 14 civili e ferendone altre 16, non c’era stata nessuna battaglia, nessuno dei manifestanti era armato e furono colpiti a sangue freddo inermi.

È stato David Cameron, all’epoca primo ministro britannico ha recitare uno storico “mea culpa” da parte di Londra. In un discorso alla Camera dei Comuni, il premier definì “ingiustificato, ingiustificabile e sbagliato” ciò che accadde a Derry nel 1972, riconoscendo l’innocenza delle vittime e stigmatizzando l’operato dei soldati. Ovviamente però, pur riconoscendo il tragico errore non ebbe il coraggio di accusare i vertici dell’esercito che avevano dato gli ordini, scagionandoli dall’accaduto, in linea con una certa politica mai abbandonata. La verità giudiziaria quindi sulla strage di Derry è arrivata, dopo 38 lunghi anni. Cosa è cambiato ad oggi in Irlanda?

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