sabato, 20 Aprile 2024

Vaccino “obbligatorio” sui mezzi pubblici: il diritto allo studio non vale per tutti

Col super green pass obbligatorio per accedere ai trasporti pubblici si viene a creare una vera discriminazione tra gli studenti, soprattutto minorenni, che ancora frequentano la scuola dell'obbligo e a cui la dad è negata.

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Figli e figliastri. Uno Stato che discrimina i suoi ragazzi tra chi è vaccinato e chi no, negando ai secondi l’accesso all’istruzione, non si può dire propriamente uno Stato di diritto. La pandemia ha cambiato radicalmente la vita e le abitudini di ognuno di noi. Abbiamo affrontato lockdown, distanziamenti, mascherine al chiuso e all’aperto, gel antisettici, crisi economica; abbiamo imparato la diffidenza nei confronti del prossimo, amplificata dall’ingresso dei vaccini, che ha creato due schieramenti in contrasto all’interno della popolazione, e dalla certificazione verde, in vigore da agosto 2021. Da dicembre è entrato in gioco il “super green pass” (o green pass rafforzato), la cui evoluzione continua con l’estensione del suo utilizzo anche ai mezzi pubblici dal 10 gennaio, con deroga al 10 febbraio per gli spostamenti per motivi sanitari o di studio. Questa metodologia di gestione e controllo pandemico, tuttavia, provoca una forte disparità in quella fascia d’età vincolata alla scuola dell’obbligo.

Il diritto allo studio è fondamentale, l’istruzione è alla base di ogni mente pensante e dell’evoluzione del genere umano ed è lo Stato a doverlo garantire. Com’è invece la situazione attuale in Italia?

Ci troviamo con una certificazione indispensabile per un vaccino non obbligatorio; studenti minorenni impossibilitati a prendere i mezzi pubblici, salvo sottoporsi alla somministrazione; genitori che non sanno come affrontare questa situazione e si trovano davanti a due opzioni: accompagnare quotidianamente i figli a scuola per garantire una giusta istruzione o vaccinarli, nonostante la propria corrente di pensiero e i rischi di cui lo Stato non si fa carico.

Rendendo impossibili i trasporti pubblici per i non vaccinati, si instaura un meccanismo che costringe a scelte forzate. Questa strategia rappresenta una fallimentare arma a doppio taglio: se gli studenti devono andare a scuola, ma non sono tenuti a vaccinarsi, come possono arrivare all’istituto?

Quanti minorenni hanno la fortuna di raggiungere a piedi o con mezzi autonomi la propria scuola? Quanti, invece, sono costretti a ricorrere ai mezzi pubblici? Le statistiche confermano che un’alta percentuale di studenti utilizza treni, autobus e tram e una minima parte può spostarsi autonomamente.

E i genitori che lavorano? Quanti possono prendere permessi o gestire gli orari della propria attività? E per quanto tempo possono farlo? Quanti, invece, hanno la possibilità economica per pagare una baby-sitter esclusivamente per adempiere a questo compito o, comunque, per fare quattro viaggi al giorno? E se la scuola che i figli frequentano si trova a 50 km di distanza, come nel caso di chi abita fuori dalle grandi città? Vuol dire 200 km al giorno per portarli a lezione e andare a riprenderli, una spesa enorme, soprattutto visto l’aumento del prezzo del carburante.

Molti genitori stanno cercando di sopperire a questa situazione attraverso una rete di conoscenze con cui organizzare una turnazione. Ma è corretto che siano i genitori a dover trovare una soluzione a un problema di tale entità che non dipende da loro?

Lo Stato fornisce una pseudo-soluzione a questa problematica: la DAD. Ma perché i ragazzi che non possono presenziare, per un’imposizione, non hanno lo stesso diritto di apprendimento? La DAD si è rivelato un utile meccanismo di istruzione durante il lockdown, quando non c’era alternativa. Utile, ma non particolarmente adeguato.

Rendendo indispensabile una certificazione vaccinale senza però l’obbligo della somministrazione, molti ragazzi non possono esercitare il proprio diritto allo studio. La legge prevede che gli studenti fino a 16 anni frequentino gli istituti; le norme anti-Covid e l’inserimento del super green pass ostacolano questa condizione. Dov’è lo Stato a questo punto?

 

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