venerdì, 29 Marzo 2024

Stilista trovata impiccata ad un albero: fidanzato a processo con rito abbreviato dopo 5 anni

Marco Venturi, 45enne ex fidanzato accusato di averla uccisa, è atteso in Tribunale il 19 novembre. Dal 2016 ad oggi, tre pubblici ministeri hanno indagato sui fatti, seguendo sia la pista del suicidio che dell'omicidio.

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Sono trascorsi quasi cinque anni e mezzo dal giorno in cui, Carlotta Benusiglio, stilista milanese, è stata ritrovata impiccata con una sciarpa ad un albero di piazza Napoli; era precisamente la notte del 31 maggio del 2016. Marco Venturi, 45enne ex fidanzato della donna accusato di averla uccisa è atteso in Tribunale il 19 novembre. Dal 2016 ad oggi, tre pubblici ministeri hanno indagato sui fatti, seguendo la pista investigativa sia del suicidio che dell’omicidio, facendo così rallentare i tempi. Venturi ha scelto per il processo il rito abbreviato, che, in caso di condanna, gli garantirebbe una riduzione della pena di un terzo. Quindi, il 19 novembre in aula, spetterà al pubblico ministero, mentre il 14 dicembre sarà il turno della difesa. I due difensori dell’uomo, Andrea Belotti e Veronica Rasoli hanno dichiarato: “Finalmente dopo cinque anni, si può celebrare il processo a una persona che vuol solo dimostrare di non essere il responsabiledella morte della sua fidanzata”.

La richiesta di carcerazione per Marco è già stata respinta tre volte, un primo punto era stato messo all’indagine proprio nel 2017, con l’archiviazione da parte del pubblico ministero per suicidio, decisione inaccettabile per la sua famiglia. Ma anche il Pm Gianfranco Gallo non ha creduto all’ipotesi del suicidio, riprendendo in mano le indagini. Il magistrato infatti aveva chiesto l’intervento della Cassazione impugnando la decisione del Tribunale che si era espresso il 16 ottobre del 2020, ritenendo di non incarcerare Venturi perché “fino ad allora gli elementi in mano agli inquirenti lasciavano pensare che si fosse trattato di suicidio”. Anche la Cassazione aveva ribadito che a carico dell’uomo mancavano gravi indizi di colpevolezza. Con tre richieste respinte, l’ex è sempre stato un indagato a piede libero.

Il fascicolo giudiziario era passato poi in mano al pubblico ministero Francesca Cupri, che dopo la chiusura delle indagini ha chiesto il rinvio a giudizio per omicidio per Venturi. Secondo l’accusa infatti, il fidanzato avrebbe ucciso la donna “per futili motivi, con dolo d’impeto, stringendole al collo una sciarpa oppure il proprio braccio“. Il pm Gallo e il pm Cruspi concordavano: l’omicidio sarebbe stato l’ultimo atto di una serie di persecuzioni iniziate nel settembre 2014, finiti in tragedia nel maggio del 2016. Dalle carte si legge chiaramente che “Venturi molestava la ex con telefonate e messaggi telefonici anche in orari notturni. Si recava ripetutamente sotto l’abitazione della stessa appostandosi per incontrarla e spiarne gli spostamenti, anche di notte; l’aggrediva sia verbalmente che fisicamente e la minacciava“. E non solo, nel 2015 dopo l’ennesima lite fuori controllo, Marco aveva trascinato Carlotta fuori dall’auto per i capelli, prendendola a calci, causandole un trauma cranico e delle lesioni al timpano sinistro. A Pasqua del suo ultimo anno di vita aveva molestato la ex minacciando di “mandargli un amico sotto casa a spaccargli le ossa”. Venturi alla luce di quanto fatto, ha chiesto, poi confermato dal giudice, il rito abbreviato lo scorso luglio, proprio lo stesso giorno in cui era stata rigettata la richiesta della Procura di Milano di una nuova perizia sulle cause della morte di Carlotta.

Ma chi conosceva Carlotta, la sua famiglia, e in particolare la sua relazione sa che qualcosa nei conti non torna. Carlotta aveva denunciato Marco tre volte, teneva una cartella di immagini del suo volto tumefatto dalla violenza dell’ex, era finita più volte in ospedale e soprattutto Carlotta aveva paura, anche la sua famiglia ne aveva. Ed è per questo che non hanno mai creduto all’ipotesi del suicidio: l’accettazione della richiesta del rito abbreviato è stato l’ennesimo duro colpo. Ai microfoni dei giornalisti la sorella di Carlotta, Giorgia, spiega: “Speravamo non nello sconto di pena. Ora però è necessario ridare dignità a mia sorella. E questo sarà possibile con una sentenza di condanna. In questi cinque anni non abbiamo potuto far altro che aspettare che la giustizia facesse il suo corso. Non possiamo dimenticare che mia sorella lo aveva denunciato già tre volte: denunciare è importante perché è come se adesso quelle denunce fossero la sua voce in tribunale. Mia sorella amava la vita. Quindi no, non si è suicidata“.

 

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