venerdì, 29 Marzo 2024

No Green pass al Porto di Trieste: sono tutti antifascisti con l’idrante degli altri

Quello che è successo a Trieste non riguarda solo il tema del green pass, riguarda soprattutto le garanzie democratiche di tutti. Il dissenso non può essere annacquato a colpi di idranti, seppure dopo diversi giorni. A monte c'è qualcosa che non funziona come dovrebbe.

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Lacrimogeni, idranti, cariche e manganelli: questa è stata la tecnica del Governo per liquidare la protesta contro l’obbligo di green pass che da venerdì 15 presidiava il porto di Trieste. Più di tre ore di assedio contro lavoratori e cittadini che stavano protestando pacificamente, e che hanno cercato di resistere passivamente sedendosi e tenendosi per mano davanti all’avanzare delle forze dell’ordine in tenuta antisommossa. Nessuno ha reagito violentemente, nonostante la repressione che, aumentando, ha raggiunto il suo intento; quello di sgomberare la protesta.

Quello che abbiamo visto succedere ieri mattina a Trieste non riguarda solo il tema del green pass, riguarda soprattutto le garanzie democratiche e i diritti di e per tutti, e questo dovrebbe far riflettere. Stiamo diventando sempre di più un Paese tecnocratico, dove il potere pur di non tollerare e ascoltare il disaccordo, lo combatte servendosi di qualsiasi mezzo, dalla delegittimazione dei media e la comunicazione filtrata fino alla repressione. Ma al Governo, questa guerra tra poveri, non interessa, procede verso i suoi obiettivi, come l’introduzione di uno procedimento quale il Green pass, che nonostante il tasso di vaccinazioni raggiunto, è il più severo d’Europa. Cos’ha di tanto diverso l’Italia dalla Norvegia? O dalla Spagna, o dalla Danimarca, o dalla Svezia? Viviamo in un periodo in cui il dissenso, quello coscientemente condito da comunicazione intelligente e scambio di idee si intende, non sembra più essere consentito, l’unica cosa importante sembra allinearsi e smettere di interrogarsi, di avere senso critico, di far civilmente valere i propri credo.

È importante specificare che il presidio dei portuali ha solo rallentato il normale svolgimento dell’attività lavorativa, limitato, si pensi ai camion tornati indietro. Il passaggio delle merci, come dei portuali che hanno deciso di non partecipare alla protesta, non è stato impedito. Quello dei manifestanti era un presidio, in quanto tale volto a dar voce a chi non fosse d’accordo con le nuove disposizioni. Dopo tre giorni, come era per certi versi prevedibile anche alla luce dei fatti di Roma, la risposta del Governo è stata quella di sgomberare gli oppositori e le loro proteste. La voce delle migliaia di persone nel porto di Trieste è stata silenziata a getti d’acqua. Un modo di procedere che dovrebbe provocare la protesta, ma soprattutto, l’indignazione di tutti, a prescindere da come la si veda sul tema del green pass, dei vaccini o di qualsiasi altro argomento, a cominciare da quei giornali, partiti e sindacati che in questi giorni si sono sollevati contro “tutti i fascismi“. Per certi versi anche questi lo sono, e come tali vanno condannati indistintamente.

Dopo essere stati dispersi, i manifestanti hanno ricreato un corteo diretto nel centro di Trieste, che la Polizia ha cercato di fermare, finendo per lanciare, come mostra un video sul web, i lacrimogeni all’interno del un cortile di una scuola media. I portuali sono comunque riusciti a raggiungere piazza Unità d’Italia, di fronte all’edificio del Comune, dove la protesta è continuata in compagnia di migliaia di cittadini accorsi per unirsi alla loro voce.

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