venerdì, 19 Aprile 2024

Corte UE, possibile vietare simboli politici, filosofici e religiosi sul posto di lavoro: “Deve esserci un’esigenza reale”

Per la Corte di Giustizia dell'Unione europea, in caso di reali esigenze, è possibile vietare l'uso di simboli religiosi, tra cui l'hijab

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Il divieto di indossare sul luogo di lavoro qualsiasi forma visibile di espressione delle convinzioni politiche, filosofiche o religiose può essere giustificato dall’esigenza del datore di lavoro di presentarsi in modo neutrale nei confronti dei clienti o di prevenire conflitti sociali”. È quanto ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Unione europea in merito al caso di due dipendenti musulmane che, in Germania, sono state sospese dai loro posti di lavoro per aver indossato l’hijab durante l’orario di servizio.

La giustificazione al divieto di indossare simboli religiosi, per i giudici di Lussemburgo, “deve rispondere a un’esigenza reale del datore di lavoro”. Inoltre, “i giudici nazionali, nella conciliazione dei diritti e degli interessi in gioco, possono tener conto del contesto specifico” del singolo Stato membro e “delle disposizioni nazionali più favorevoli per quanto concerne la tutela della libertà di religione”. Dunque, secondo la Corte di Giustizia UE, la norma interna di un’azienda che impone ai dipendenti di osservare determinati codici di abbigliamento, non costituisce una discriminazione diretta fondata su religione o convinzioni personali.

La questione dell’hijab è da anni al centro di varie controversie in Europa. Ad esempio, lo scorso 30 marzo, il senato francese ha votato a favore del divieto di indossare qualunque segno religioso alle donne al di sotto dei diciotto anni poiché testimonianza di una presunta inferiorità della donna rispetto all’uomo. Una misura che ha mobilitato donne, non solo musulmane, da tutto il mondo; il velo non è infatti un simbolo di oppressione, ma di devozione religiosa, come proclamato da centinaia di giovani sul web al grido di #HandsOffMyHijab.

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