Ai bambini, certezza e fonte di speranza per il futuro, sfruttati come burattini appesi ad un filo, a voi deve andare oggi il nostro pensiero. Oggi, 12 giugno, che in tutto il mondo ricorre la Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile, istituita dall’Organizzazione internazionale del Lavoro (Ilo), nel 2002.
Un fenomeno globale, tanto conosciuto quanto ignorato. Una storia infinita che viene ripetuta da secoli e mai del tutto sradicata dalla faccia della terra e dalle menti “umane” diaboliche. Il lavoro minorile esiste, ma è invisibile agli occhi della società, degli Stati e dei Governi.
E non è un caso se Save the Children definisca i bambini sfruttati “Piccoli schiavi invisibili”: a loro viene tolto il diritto ad un’infanzia felice, il “potere” dell’istruzione, ma soprattutto sono privati di un valore fondamentale: la dignità.
La Corea del Nord, con orgoglio, comunica che centinaia di bambini orfani si sarebbero volontariamente offerti per ripagare lo Stato dell’amore mostrato loro dal partito di Kim Jong-un. I piccoli si sarebbero presentati nell’area del complesso minerario di Chonnae per svolgere lavori manuali.
Ma come è possibile pensare che, quasi 700 bambini, come un esercito “pensante” di piccoli soldatini, possano aver scelto volontariamente di farsi sfruttare dallo Stato in cui sono nati e cresciuti?
Si potrebbe dire “un caso di sfruttamento di Stato” del lavoro minorile, autorizzato dalla Corea del Nord; qui secondo il Rapporto 2020 sui diritti umani del Dipartimento di Stato Usa, verrebbero praticate le peggiori forme di lavoro minorile.
Sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico.
I piccoli schiavi invisibili sono un esercito di giovanissimi lavoratori, di qualsiasi età e nazionalità, umiliati nel corpo e nell’anima, che sopportano in silenzio le angherie dei “padroni” per i quali lavorano, piccole imprese private o grandi multinazionali che, dislocando le sedi delle proprie fabbriche in Paesi in via di sviluppo, necessitano delle piccole mani dei bimbi per aumentare guadagni e profitti.
Perché lo sfruttamento minorile
Il divario socio-economico tra il Nord e il Sud del mondo è un tema tutt’oggi caldo e la netta divisione tra “Regno dei dominanti” e “Regno dei dominati” esiste ancora dopo quasi 60 anni dalla fine della colonizzazione.
I bambini più poveri accettano qualsiasi mansione pur di mettere sotto i denti qualcosa, mentre nei Paesi in cui vige una cultura patriarcale, i piccoli sono costretti a seguire le orme del padre, senza se e senza ma, perché non vi è diritto di scelta.
In alcuni casi, i genitori privi di un lavoro “dignitoso” vendono i propri figli alle fabbriche, per estinguere i debiti contratti.
Nei paesi colpiti da conflitti armati, il lavoro minorile si tramuta in schiavitù, sfruttamento sessuale ed economico e morte.
Numeri – Paesi ed economie
I numeri parlano chiaro. Save the Children riferisce che nel mondo dal 2016 al 2019 i bambini vittime di sfruttamento del lavoro minorile erano 152 milioni, di cui 79 milioni hanno tra i 12 e i 17 anni, mentre 73 milioni hanno un età compresa tra i 5 e gli 11 anni.
La crisi legata al Covid-19 ha spinto altri bambini verso lo stesso destino. Nel 2020 l’Organizzazione internazionale del Lavoro e l’Unicef hanno stabilito che i piccoli costretti a lavorare nel mondo erano 160 milioni, evidenziando un incremento di quasi 8.4 milioni in soli quattro anni.
Secondo le due organizzazioni, la metà dei bambini sfruttati si trova in Africa, prevalentemente in Mali, Nigeria, Ciad e Guinea Bissau. Qui, un bambino su due svolge lavori duri e pericolosi per la propria sicurezza.
Un rapporto di Amnesty International e Afrewatch ha svelato che la Repubblica democratica del Congo viola i diritti umani di bambini che lavorano in miniere per l’estrazione del cobalto. Sfruttatori dei minori sono il sistema e i colossi dell’elettronica.
La restante parte dei piccoli schiavi invisibili, si trova in Asia-Pacifica.
Nel 2012 nel sud dell’India, nello stato di Tamil Nadu sono state scoperte 72 bambine che lavoravano in una fabbrica, senza contratto e per più di 72 ore a settimana. Queste sono le condizioni che le fabbriche tessili americane ed europee impongono alle piccole schiave.
In tutta l’India e in Nepal i bambini lavorano in condizioni di lavoro forzato per la produzione di tappeti e tessuti. Lo stesso destino è toccato ai rifugiati siriani, bambini inclusi. Nel 2016 l’Ong inglese Bhrrc (Business and Human Rights Resource Center) ha denunciato diverse fabbriche in Turchia, legate a marchi internazionali che sfruttavano chi sperava di costruirsi un mondo migliore.
Famosa, ma triste è la storia del bambino che sfidò il racket dei tappeti in Pakistan, Iqbal Masih, venduto dai suoi genitori a 5 anni per pagare i debiti della famiglia. Incatenato ad un telaio per circa 14 ore, percepiva una paga di 1 rupia, circa 3 centesimi al giorno. A soli 12 anni venne assassinato, dopo aver coraggiosamente denunciato lo sfruttamento minorile dilagante nel suo Paese.
In Bangladesh i bambini sono impiegati prevalentemente nel settore del pesce esiccato.
In Thailandia, per le loro piccole mani, vengono coinvolti nel settore dello zucchero e, purtroppo non sfuggono allo sfruttamento sessuale.
In Cina i piccoli producono giocattoli; gli stessi con i quali dovrebbero vivere a pieno la propria infanzia.
La lista dei Paesi in cui il fenomeno del lavoro minorile è radicalizzato, potrebbe continuare all’infinito. All’appello non manca l’Italia.
Nonostante nel nostro Paese, il lavoro minorile sia vietato per legge dal 1967, il fenomeno sembra aver preso piede negli ultimi decenni.
I dati più attendibili risalgono al 2013 quando una ricerca della Fondazione di Vittorio e Save the Children, in collaborazione con l’Istat, ha stimato che ben 340mila minori al di sotto dei 16 anni lavorano, o meglio, sono sfruttati.
E dal 2013 ad oggi? Nel 2021 non è possibile avere un vuoto statistico in merito a questo fenomeno che necessita di soluzioni urgenti. Un Paese democratico non può e non deve “fare orecchie da mercante” e, rendere schiavi i propri figli-bambini. È tempo che le istituzioni e tutti coloro che fanno promesse irrisorie si diano da fare per debellare lo sfruttamento del lavoro minorile.
L’Organizzazione internazionale del Lavoro ha lanciato l’iniziativa, adottata, poi, dall’Assemblea Generale dell’Onu, di rendere il 2021 l’anno per l’eliminazione del lavoro minorile.
L’Obiettivo 8.7 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, mira all’adozione da parte dei Paesi impegnati, di misure volte a debellare le peggiori forme di lavoro minorile entro il 2025, ma in base ai trend attuali in quella data saranno ancora 121 milioni i bambini sfruttati.
Inoltre, l’Ilo (International Labour Organization) ha promosso l’Alleanza 8.7, un’alleanza mondiale per eliminare il lavoro minorile, il lavoro forzato e la tratta di essere umani.
Seppur negli ultimi venti anni siano stati compiuti passi avanti, volti a contrastare lo sfruttamento minorile, è alquanto spaventoso che nel 2021 i bambini siano ancora le vittime prescelte per realizzare i “desideri” altrui.
Tutti noi siamo colpevoli e non c’è nulla che possiamo fare per redimerci. Forse, riusciremo a ripulire, un minimo, le nostre coscienze, solo quando ci sveglieremo e capiremo che siamo tutti uguali e che nessuno ha il diritto di privare i bambini della libertà stessa di essere bambini.
“Nessun bambino dovrebbe mai impugnare uno strumento di lavoro. Gli unici strumenti di lavoro che un bambino dovrebbe tenere in mano sono penne e matite”, Iqbal Masih