sabato, 20 Aprile 2024

Elena, 15 anni e la NUBPL unico caso in Italia. La sua MammaRara: “Le auguro di essere felice”

Avviato un progetto per cercare la cura. Pesa 15 chili, è alta 117 centimetri, era una bambina sana e forte oggi lotta con una malattia rarissima, gli altri 24 casi nel mondo sono tutti diversi.

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Elena è una splendida ragazza a cui è stata diagnosticata una rarissima malattia neurodegenerativa denominata NUBPL, sigla che sta per mitocondriopatia geneticamente determinata. Venuta al mondo il 16 marzo del 2006 a Genova, il suo è l’unico caso in Italia e non esiste nessuna possibilità di confronto, perché è diversa anche dagli altri 24 nel mondo. La diagnosi, arrivata solo dopo dieci anni: una mutazione nel DNA a carico di un gene che impedisce alle cellule di realizzare le proteine necessarie per produrre energia e che porta lentamente al collasso dei suoi organi.

Questa condizione negli anni, ha provocato le molte patologie di cui soffre oggi, come il ritardo cognitivo, l’epilessia, l’ipotonia e ipotrofia muscolare, la continua perdita di sali minerali al livello renale, oltre che megacolon e diarrea cronica. Come conseguenza di tutto questo, lo scarso accrescimento, che comporta per intenderci, il fatto che a 15 anni pesi neanche 15 kg e sia alta 117 cm.

A continuare la lunga lista, Elena è soggetta anche a interstiziopatia polmonare, sostanzialmente un ispessimento delle membrane polmonari responsabili dello scambio di ossigeno e si alimenta prevalentemente per via enterale grazie alla “peg” (una sonda nello stomaco). A causa di queste problematiche ha un equilibrio estremamente delicato, in modo particolare dal punto di vista metabolico e ancora oggi non esiste alcun trattamento per questa patologia.

Fortunatamente, grazie all’amore per la vita e alla forza della sua Famiglia Rara, Elena combatte con tenacia da anni contro questo male che le ha ostacolato tutte le prerogative dell’infanzia e oggi dell’adolescenza, cercando di condurre una vita il più possibile normale. A discapito di parole e concetti medici complicati sulla sua condizione, la battaglia della sua famiglia continua: è stato avviato un laboratorio di ricerca che si spera sarà in grado di trovare presto una cura adatta alle sue esigenze.

Da più di due anni sono affiliati all’AMMeC (Associazione Malattie Metaboliche Congenite Rare) con cui hanno iniziato un GoFoundMe che verrà interamente devoluto al progetto ‘Il sorriso di Elena’. Oggi, grazie alla sua storia, individuare la NUBPL sarà meno difficile: mamma Andreea e papà Paolo hanno dato il via libera alla pubblicazione scientifica del Dna della figlia. E soprattutto, grazie alla loro battaglia è nato il primo progetto di ricerca multidisciplinare in Italia sulla NUBPL, all’Università di Verona, dipartimento di diagnostica e Sanità pubblica, con i fondi raccolti anche grazie ai social. Per raccontarci la storia di Elena, abbiamo intervistato Andreea, la sua MammaRara.

Partiamo dal principio, come inizia la storia di Elena?
Elena, apparentemente sana e normale, all’età di 18 mesi a seguito di una broncopolmonite è cambiata radicalmente: la sua vitalità e voglia di giocare si erano spente, e cresceva a fatica. Qualche mese dopo infatti, è stata portata d’urgenza al pronto soccorso, dove le fu registrato un Ph molto acido pari a 7.0, valore di un adulto morto, ma i bambini sono più forti dei grandi. Una volta faticosamente ristabiliti i valori, è iniziato il nostro percorso: in salita o in discesa, non so come definirlo ma è stato ed è tutt’oggi faticoso… I medici spiegarono che lo stato di salute della bambina era la conseguenza di qualcosa di molto più grave da individuare: una malattia neurodegenerativa. Anni di indagini, poi dopo una biopsia muscolare per effettuare i test genetici vennero coinvolti un’importante centro di ricerca negli Stati Uniti e anche uno a Cambridge, nel Regno Unito che dopo dieci anni riuscirono ad arrivare alla diagnosi… è stata una doccia fredda.

Come hai spiegato ad Elena della sua condizione? L’adolescenza le ha fatto prendere consapevolezza?
Non è facile spiegarlo, oltre le problematiche metaboliche, ha anche un lieve ritardo cognitivo, causato dalla leucoencefalopatia su base mitocondriale. Lei capisce, ma non fino in fondo. Come mamma non sono mai stata drammatica: l’unica cosa che cerco di fare tutti i giorni è di rassicurarla, perché mamma e papà, su cui potrà sempre contare, stanno facendo tutto il possibile per aiutarla. Le dico che si, ci saranno momenti difficili, in cui potrà star male ma che sicuramente starà meglio. Lei ad oggi è serena.

Com’è la giornata tipo di Elena?
La verità è che non c’è una giornata uguale all’altra, sono sempre diverse. Essendo una malattia che colpisce l’energia, ha delle giornate in cui si sente più carica e delle altre in cui è più stanca. Il primo risveglio è sempre alle 4 e poi alle 6:30 per darle i farmaci; soffrendo di un forte reflusso evitiamo di caricarla di cibo, perché c’è sempre il rischio rimetta tutto. Accompagnati i due fratellini a scuola, torniamo a casa, un po’ di colazione e poi scuola: una/due ore, massimo tre perché si stanca molto. Essendo in prima superiore e non avendo frequentato molto quest’anno per via del Covid è stata con me praticamente sempre. Non ha molte amiche, i compagni di scuola le vogliono un gran bene ma è difficile per lei, soprattutto fisicamente. La barriera è quindi inevitabile, anche se cerchiamo sempre di coinvolgerla e fare tutto ai suoi tempi.

Cosa comporta convivere con una malattia rara durante una pandemia come il Covid-19?
I primi tempi, quando non si sapeva nulla, è stata dura. Ovviamente avendo lei un problema polmonare abbastanza grave se per caso lo prendesse non so se ce la farebbe. Mio marito era dovuto rientrare a lavoro, dove c’era stato anche qualche dubbio di casi di coronavirus e ha vissuto due mesi sul nostro camper, allora i tamponi erano introvabili e la cosa più importante era proteggerla. Adesso fortunatamente siamo vaccinati, ma la cosa più dolorosa di questo periodo sono i ricoveri perché non si può stare insieme; solo chi ha il congedo, in questo caso mio marito, può stare con lei. Fortunatamente all’ospedale Gaslini, per noi ormai seconda casa, sono sempre molto collaborativi e all’ultimo intervento fatto nemmeno un mese fa, ho potuto starle accanto anche io.

Da dove nasce la forza di raccontare la vostra quotidianità e la malattia sui social network?
Fino al 2018 ho sempre lavorato e non parlavo con nessuno di quello che ci succedeva, come a voler fingere che quei problemi non esistessero. Era la mia forma di difesa: quando ho preso coraggio e ho iniziato a parlare della nostra storia sui social network, mi sono sentita più libera, aiutata. Aprirci è stato rivoluzionario per la nostra famiglia, ci ha permesso di conoscere la storia di altri bambini come Elena, di scoprire la NUBPL Foundation e di sentirci meno soli.

Cosa ti aspetti dal futuro di Elena?
Io spero che, visto che il laboratorio è stato avviato, venga trovata la cura per la NUBPL, questo sarebbe un grande traguardo. Ad Elena auguro invece di essere felice, qualunque cosa sarà, di essere felice anche delle piccole cose e di non vederla soffrire.

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