L’Accademia della Crusca, tramite la rubrica “Consulenza linguistica”, interviene sui vocaboli siero, antidoto e vaccino.
L’italianista Miriam Di Carlo, sul sito di riferimento per gli appassionati di lingua italiana, chiarisce. “Le parole siero e antidoto non sono sinonimi di ‘vaccino’. Non giustificano un uso improprio e troppo semplicistico di queste parole tecniche in un periodo in cui il lessico specialistico medico si sta diffondendo nell’uso quotidiano: a maggior ragione nel fuoriuscire dall’ambito medico, avrebbero bisogno di una spiegazione e specificazione tale da garantirne un uso appropriato presso tutta la popolazione”.
Spiega il significato di siero che “viene usato per indicare un qualsiasi liquido sintetico. Oggi possiamo sentire e leggere siero in ambito cosmetico per indicare un prodotto che ha consistenza, meccanismi di azione e modalità di assorbimento diversi rispetto a una crema (per esempio, il siero antirughe)”.
Per passare ad antidoto. “Proviene dal latino antidotu(m), che significa ‘contravveleno, rimedio, farmaco per neutralizzare l’effetto di un veleno’, a sua volta deriva dal greco antìdoton. L’antidoto è un farmaco utilizzato a scopo terapeutico, ossia quando la tossina o il virus sono già presenti all’interno dell’organismo. Come il siero e il vaccino, l’antidoto può essere inoculato, ma molto spesso può essere assunto per via orale o addirittura inalato”.
Infine “il sostantivo vaccino indica nel linguaggio medico-scientifico ‘ciascuna delle preparazioni da inoculare per via parenterale o orale, ottenuta da sospensioni di microrganismi patogeni (morti o vivi ma resi innocui), ma immunogeni purificati o anche da sintesi chimica, capace di indurre una immunità specifica da parte dell’organismo’”.