Ad un anno dal suo rientro in Italia, dopo diciotto mesi di sequestro tra Kenya e Somalia, Silvia Romano, 26enne, all’epoca cooperante, ha sposato un amico d’infanzia, lasciando Milano e la sua casa al Casoretto per trasferirsi fuori città.
Aisha, nome scelto dopo essersi convertita all’Islam, ha raccontato di Paolo, neo marito e vecchio amico di infanzia. I due si sono ritrovati dopo tanti anni in una delle moschee dove anche lei si reca a pregare dal suo rimpatrio in Italia: il ragazzo, infatti, da tempo ha abbracciato la fede islamica, motivo che ha favorito la trasformazione della loro amicizia in amore.
Il matrimonio si è celebrato nell’ottobre scorso con rito islamico nel paesino d’origine del marito in Emilia Romagna, Campegine. Ora la coppia convive nella provincia di Milano, lontana dall’attenzione mediatica e morbosa sulla vita di Silvia, che tutt’oggi rifiuta di parlare con la stampa della sua storia.
La sua attività di volontariato invece continua in totale anonimato. Da un anno circa, è entrata attivamente nel Progetto Aisha, associazione della comunità musulmana milanese che ruota attorno alla moschea Mariam di via Padova, contro le discriminazioni e le violenze domestiche per le donne islamiche.
Silvia Romano attualmente si è messa a disposizione anche come tutor e insegnante di sostegno per i ragazzi fragili che frequentano la scuola per mediatori linguistici, dove lei stessa si era laureata prima di partire per l’Africa. Svolge il suo lavoro con i ragazzi in streaming, cercando di andare il meno possibile a Milano per evitare di essere riconosciuta.
Dal suo rientro in Italia, la sua richiesta è sempre e solo stata una: quella di essere “dimenticata” e “lasciata in pace: voglio solo dimenticare e non riaprire la ferita”. E sembra che il giovane marito Paolo, abbia dimostrato in questi mesi di saperle offrirle le cose per lei più importanti: protezione e riservatezza.