venerdì, 19 Aprile 2024

‘Ndrangheta, riciclaggio e intestazione a prestanome: sequestrati beni per 200 milioni a 3 imprenditori

Sequestrati beni per un valore di 200 milioni di euro tre imprenditori destinatari nel marzo scorso di misure cautelari perché indiziati, a vario titolo, di interposizione fittizia di beni, riciclaggio, autoriciclaggio.

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La Guardia di finanza di Catanzaro ha sequestrato a scopo preventivo beni per 200 milioni di euro a tre imprenditori, si tratta di Antonio Lobello e i figli Giuseppe e Daniele, già sottoposti a marzo scorso a misure cautelari perché indiziati, a vario titolo, nell’inchiesta denominata “Coccodrillo” di interposizione fittizia di beni, riciclaggio, autoriciclaggio. Lo rende noto l’Ufficio stampa delle Fiamme Gialle.

Tra i reati contestati a Giuseppe Lobello, 50 anni, vi erano anche quelli di estorsione e di concorso esterno in associazione mafiosa. Sarebbe stato legato alla cosca di ‘ndrangheta degli Arena di Isola capo Rizzuto, per conto della quale avrebbe fatto da intermediario con alcuni imprenditori sottoposti ad estorsionea per lavori svolti nel catanzarese, raccogliendo anche il denaro dalle vittime per consegnarlo, in date stabilite, ai vertici del clan.

Durante l’inchiesta sono stati sequestrati anche beni intestati a vari prestanome, oltre ad aziende riconducibili ai tre come ‘Cal.Bi.In. srl.’ , ‘Cantieri Edili – Iniziativa 83 srl.’ e ‘Strade sud srl’. Il sequestro di oggi ha riguardato 110 fabbricati e 49 terreni ubicati nei territori di Catanzaro, Simeri Crichi, Settingiano, e Cirò Marina, 67 automezzi, 5 motoveicoli, quote sociali relative a 13 aziende, complessi aziendali di 12 società operanti nel settore dell’edilizia pubblica e privata e aggiudicatarie di numerosi appalti pubblici, complesso aziendale di una società operante nel settore della ristorazione e diverse disponibilità bancarie e finanziarie, nonché la società proprietaria di un esteso cantiere per la produzione del calcestruzzo, ubicato nella frazione Lido di Catanzaro.

Le indagini, sin dal principio, avevano evidenziato un grave quadro indiziario a carico degli imprenditori catanzaresi Antonio Lobello, Giuseppe Lobello e Daniele Lobello, a carico dei quali vi era anche un accusa di estorsione nei confronti di un lavoratore dipendente costretto ad auto licenziarsi contro la sua volontà da una società fittiziamente intestata a un prestanome, per incomprensioni sorte sul luogo di lavoro con i familiari di Giuseppe Lobello.

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