Regioni allo sbando e interventi a macchia di leopardo
Il 6% di loro ha perso il lavoro nell’ultimo anno; uno su quattro ha ridotto le ore o ha temporaneamente sospeso l’attività professionale. Sono i caregivers, coloro che ogni giorno, nel silenzio assordante dei servizi sociali, si occupano dell’assistenza ad un familiare, un figlio disabile, un anziano. Soddisfare le loro esigenze richiede tempo, pazienza ed energie, finché la cura parentale diviene un vero e proprio lavoro. Senza alcuna tutela, però, neanche quella del vaccino anti-Covid-19, al quale avrebbero diritto al pari dei soggetti fragili di cui si occupano.
L’Istat stima che i caregivers in Italia siano oltre il 17% della popolazione, vale a dire, almeno 8,5 milioni: una realtà numericamente consistente la loro, ma di cui non si parla quasi mai. Non è valorizzata, né riconosciuta e, tanto meno, garantita dalla legge. Durante la pandemia, la vita dei caregivers è diventata più ardua, a causa delle difficili condizioni delle RSSA, dei rapporti interrotti con le badanti e della chiusura di molti centri diurni assistenziali.
Il report di ricerca “Time to Care”, condotto fra 100 cargivers durante quest’emergenza sul territorio nazionale, rivela che per il 45% l’emergenza Covid-19 ha aumentato il carico di cure, tanto che il 6% di loro è rimasto disoccupato, mentre il 25% ha dovuto ridimensionare o sospendere l’attività professionale a seguito delle tante difficoltà a cui far fronte (nel 27% dei casi, l’interruzione improvvisa del rapporto con la badante).
Ma qual è l’identikit di queste figure che si occupano di anziani, disabili e persone in difficoltà? L’85% è rappresentato da donne con un’età media di 57 anni che devono sopperire con il proprio affetto ad una carenza atavica di operatori adeguatamente formati. Infatti, il 73% dei cargivers chiede servizi di assistenza domiciliare; il 51% richiede un sostegno psicologico, aiuti per sé e nella propria casa; il 52% segnala il bisogno di compagnia come un bisogno primario; l’88% dei caregivers ha bisogno di reperire informazioni riguardanti l’assistenza alla persona in stato di necessità.
L’Italia è decisamente in ginocchio dinanzi ad una pandemia che ha messo in pausa attività, lavoratori, famiglie e ragazzi. Tutti, in breve tempo, hanno visto mutare le proprie abitudini all’improvviso ma sono anziani e disabili, insieme alle loro famiglie che stanno pagando a caro prezzo il nuovo distanziamento sociale.
Non sempre il sistema dei servizi è stato in grado di rispondere ai loro bisogni di assistenza, riabilitazione, socialità ed inclusione. Anzi, molte strutture invece che adattarsi alle esigenze dettate dall’emergenza sanitaria hanno addirittura sospeso o ridotto i loro servizi di prossimità.
Oltretutto alcune associazioni di categoria hanno denunciato gravi carenze nell’assistenza, soprattutto nei centri diurni al Centro-Sud e hanno richiesto al Governo un innalzamento delle indennità e delle pensioni per tutta la gente disabile e l’adozione di una legge che sostenga e riconosca il ruolo dei caregivers familiari.
Quasi inascoltati gli appelli affinché i caregivers vengano vaccinati contro il Covid-19 in tempi brevi. Eppure su queste vaccinazioni non c’è chiarezza: non tutte le Regioni si muovono nella stessa direzione e riescono a raggiungere gli stessi obiettivi. In alcune di esse gli interventi a favore dei genitori-caregivers si erogano ancora “a macchia di leopardo”, in altre invece, come in Toscana, si stanno ultimando gli ultimi passaggi e il meccanismo potrebbe funzionare già a partire dalla settimana pasquale. Ogni convivente e caregiver potrà indicare la data e il centro vaccinale di preferenza per ricevere la somministrazione del vaccino AstraZeneca.
In Friuli Venezia Giulia le prenotazioni sono già partite dal 24 Marzo – tramite il CUP delle Aziende Sanitarie e delle farmacie o tramite Call center – e riguardano, in particolar modo, genitori e caregiver di ragazzi disabili di età inferiore ai 16 anni. In Puglia la campagna vaccinale per queste categorie è partita il giorno di Pasqua.
La battaglia è ancora lunga e impone che non si dimentichi nessuno, perché “Insieme ce la faremo” non resti solo uno slogan.