Pastiera Napoletana o Colomba Milanese?

Fra tradizione e leggenda, una sfida gastronomica senza vincitori né vinti.

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Le regine della Pasqua dividono l’Italia. Ma oggi l’arte bianca è ancora relegata ai confini geografici?

Austera la Pasqua 2021, per via della pandemia. Ma anche per addolcire l’isolamento, gli Italiani non hanno rinunciato ai dolci simboli della Resurrezione: la Colomba e la Pastiera, perché siano di buon auspicio e rappresentino la fine dell’incubo chiamato Covid-19.

Si sprecano le leggende attorno alla nascita di questi capolavori della pasticceria italiana. Per quella milanese sono due quelle a cui si fa riferimento. La prima racconta che a seguito della conquista longobarda di Pavia nel 572 d.C. da parte di Re Albonio, i cittadini donarono al conquistatore un pane a forma di colomba. Questo piacque talmente al Re che risparmiò la vita a tutti. La seconda, sempre durante il regno longobardo del VI secolo, riguarda un miracolo compiuto da San Colombano il quale, invitato ad un banchetto di Teodolinda durante il periodo di penitenza quaresimale, per non rifiutare la selvaggina imbandita in tavola, si offrì di benedirla e la trasformò davanti ai commensali in bianche colombe di pane.

Si narra che siano stati proprio gli dei a creare la cugina campana: la sirena Partenope dall’Isolotto di Megaride (dove adesso sorge Castel dell’Ovo) allietava gli abitanti di Neapolis con i suoi canti e la popolazione per ringraziarla le inviò sette fanciulle, ognuna recante un dono: ricotta, farina, grano nel latte, zucchero, spezie e fiori d’arancio. Partenope gradì molto i regali, si inabissò nei fondali del Golfo per portarli al cospetto degli dei, i quali apprezzarono la loro bontà e decisero di amalgamarli insieme per dar vita ad un dolce che per soavità superava il canto di Partenope. E nacque così la Pastiera.

Il fascino di queste leggende evocative non deve però fuorviare il lettore, la vera paternità dei nostri dolci è ben conosciuta. La Pastiera ha un’origine più antica rispetto alla colomba: nel XVI secolo furono le monache del convento di San Gregorio Armeno a realizzarla per celebrare la morte e la resurrezione di Gesù. La Colomba, invece, è più recente: è stata ”inventata” negli anni ‘30 dal genio eclettico di Dino Villani, direttore della pubblicità dell’azienda Motta, il quale, per non tenere fermi gli stabilimenti e gli operai che producevano panettoni durante il periodo natalizio, inventò il dolce che tutti oggi conosciamo: di base lo stesso impasto, ma con la classica copertura di glassa di mandorle e zucchero.

La trovata ebbe molto successo e oggi la Colomba è diventata un prodotto esportato in tutto lo Stivale. La preparazione non è semplice richiede 2 impasti e almeno 3 giorni di preparazione, una lenta lievitazione, l’utilizzo di lievito madre e nelle Colombe moderne possiamo trovare accostamenti di ingredienti pregiati e ricercati.

Ma se la Colomba è un lievitato, facilmente conservabile e trasportabile, altrettanto non si può dire della Pastiera, realizzata con ricotta e grano cotto e, per questo, maggiormente deperibile pur essendo di più veloce realizzazione.

La globalizzazione dei prodotti gastronomici e la diffusione delle ricette e delle tecniche hanno fatto sì che tutti gli artigiani, da nord a sud della Penisola, avessero le possibilità di realizzare una Colomba o una Pastiera.

E, addirittura, di confrontarsi in un contest dal nome “Regina colomba e Regina pastiera”, tenutosi lo scorso marzo a porte chiuse. Due giurie composte da giornalisti e Chef stellati – una per la Colomba presieduta da Alberto Paolo Schieppati direttore So Wine So Food e una per la Pastiera guidata da Mariella Tanzarella de La Repubblica – hanno valutato i prodotti di 30 pasticcerie concorrenti provenienti da 11 regioni italiane. Unica condizione era l’utilizzo esclusivo di ingredienti naturali, nessun aiuto artificiale.

Per la categoria Colomba tutto il podio è andato al Sud: il primo posto a Foggia alla pasticceria Terzo millennio, il secondo e terzo a due pasticcerie campane: la Delizia di Torre del Greco e Di Iorio 1750 di Montemiletto. La Pastiera, invece, conferma ancora l’eccellenza dell’arte pasticcera campana: il primo e il secondo posto sono, rispettivamente, delle pasticcerie Ischia Pane di Ischia e Ro World di Nola, mentre al terzo posto a sorpresa si piazza la milanese Clivati.

Si potrebbe concludere, senza paura di essere smentiti, che quando la tradizione affonda le proprie radici nella storia ed è tramandata da generazioni in uno stesso territorio, l’eccellenza della produzione viene mantenuta entro i confini geografici.

Se un prodotto viene realizzato in un ottica di mercato, e conosce in breve tempo una rapida diffusione, più probabilmente sarà soggetto a reinterpretazioni creative pur mantenendo l’elevata qualità.

Certo è che la pasticceria italiana, nelle sue differenze da Nord a Sud, è un patrimonio di gusto che non teme rivali nel mondo.

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