giovedì, 25 Aprile 2024

Covid, dopo un anno di DPCM non è cambiato nulla

L’ottava potenza nel mondo, che vanta storia e bagaglio culturale non paragonabile a qualunque altro Paese del mondo, versa in uno stato di costante confusione e di lotte interne.

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Chi ha sbagliato? Il Governo o l’ingovernabilità degli italiani?

Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, / non donna di provincie, ma bordello!” Suonano quanto mai attuali questi versi di Dante. Settecento anni dopo ecco l’Italia, luogo di dolore, asservita al potere, priva di guida, declassata a prostituta.

Perché, diciamocelo, l’ottava potenza nel mondo, che vanta storia e bagaglio culturale non paragonabile a qualunque altro Paese del mondo, versa in uno stato di costante confusione e di lotte interne.

Siamo alla primavera 2021 e, da ormai più di un anno, vediamo la nostra vita organizzata, e vincolata, da sole quattro letterine: D-P-C-M.

Ovvero, “Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri” che, con effetto immediato, ribalta il nostro quotidiano, a volte senza preavviso.

Ad oggi, nell’arco di un anno, si contano ben 19 DPCM emessi dal Governo Conte per affrontare l’emergenza Covid-19. Il primo è datato 23 febbraio 2020: dopo la scoperta di Mattia, il paziente 1, si corre ai ripari con la quarantena di oltre 50mila persone in undici Comuni diversi del Nord Italia. Diventano zona rossa dieci Comuni del Lodigiano; chiuse le scuole, sospese tutte le iniziative, stop ai negozi, ai musei, ai luoghi di cultura. Non lo sapevamo ancora, ma era il preludio di un lungo e doloroso lockdown.

Quello del 23 febbraio è solo il primo di una lunga serie di decreti che, a distanza di un anno, sono ancora protagonisti delle nostre vite, limitando uscite e spostamenti, istruzione, commercio e socialità. Tutto per arginare l’epidemia da Covid-19.

Resterà nella storia la celebre frase del Presidente Conte, visibilmente emozionato, in diretta tv nazionale quel 9 Marzo 2020: “Rimaniamo distanti oggi per abbracciarci con più calore domani”. Ed ecco, domani. Quanto lo abbiamo atteso questo domani, sognando di poter effettivamente riabbracciare i nostri cari, presto. Ma quanto poco è durato quel domani? Il tempo d’una estate.

È passato oltre un anno. Agli iniziali dieci Comuni del Lodigiano, i primi ad entrare in zona rossa nel 2020, si sono aggiunti gli abitanti dell’intero Paese che hanno trascorso la seconda Pasqua in lockdown. Il numero dei contagi non accenna a decrescere, mentre peggiora gradualmente la situazione dei ricoveri nelle terapie intensive di tutta Italia, superando la soglia critica, fissata dal Ministero della Salute. E #iorestoacasa è diventato il nostro mantra quotidiano, mentre il Covid-19 miete ancora vittime e ci travolge.

Qualcos’altro è cambiato: i DPCM non vengono più annunciati in tv da Giuseppe Conte, ma dal nuovo Presidente del Consiglio Mario Draghi; l’agognata campagna vaccinale non ci ha salvato dalla terza ondata in atto, perché prosegue a rilento, fra polemiche, sequestri ed altre amenità di cronaca; la didattica a distanza – almeno per le scuole superiori – ha preso possesso del sistema scolastico, alimentando ancor più il divario sociale fra gli studenti.

Scomparsa l’illusione che si assista presto alla fine di questa altalena emozionale, economica, sociale, non ci resta che ritornare alla metafora del Sommo Poeta. Dopo un anno, l’Italia è ancora tra i gironi dell’Inferno del Covid-19, con il Governo come guida e il popolo, con la sua ingovernabilità, ad alimentare il caos, non donna di provincie, ma bordello!

Federica Di Fino

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